Ugo Russo. Un’altra voce.

Scritto dasu 14 Marzo 2020

L’omicidio di Ugo Russo, ragazzo napoletano di quindici anni, per mano di un carabiniere fuori servizio è stato oggetto di un’ampia distorsione mediatica, volta a trasmettere una narrazione tendenziosa dei fatti, che dirottasse l’opinione pubblica su una generale condanna della delinquenza e dei suoi contesti di provenienza, in modo da perpetrare la legittimità dell’ordine sociale vigente, e di non lasciare che un polverone venisse sollevato. Scelta comoda per chi cerca di eludere le domande sul potere delle forze dell’ordine, oggi, dentro e fuori dalle loro divise. Per chi non vuole che queste domande vengano sollevate, attizzando un dibattito i cui vapori incandescenti potrebbero scottare qualcuno. Questo omicidio è emblematico di tanti aspetti della nostra contemporaneità e meriterebbe un’analisi lucida, che ne sottolinei le criticità, tutto ciò che viene a galla del mondo in cui viviamo, a partire da un episodio che sembra una squallida ordinarietà.
Quello di Ugo Russo sembra l’ennesimo omicidio di stato, occultato con la connivenza dei media; l’ennesima grave indulgenza di un mondo, quello delle forze dell’ordine, che si sente legittimato ad avere potere di vita e di morte, ad avere potere sul corpo della popolazione. Ma probabilmente la situazione è molto più grave, più complessa. Trascina dietro di sé anni di discorsi che hanno permesso che certe narrazioni attecchissero, una visione della giustizia che sembra farsi strada dal basso, non solo tra le forze dell’ordine, ma anche tra di noi, tutti, che vi siamo sovraesposti.

Ne parliamo con Gianpiero, da Napoli.

 

 

 

 


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