Stati coloniali falliti: mosaici libico e yemenita allo specchio

Scritto dasu 1 Maggio 2020

Due dei pochi luoghi del pianeta in cui il covid19 rimane in secondo piano sono Yemen e Libia. Non a caso si tratta di due stati inventati dal colonialismo occidentale che ha snaturato gli equilibri locali, creando stati falliti anche nelle prospettive storiche che si sono evolute tra contraddizioni indotte e preminenza di culture – come di sette – minoritarie, fino a una frammentazione impossibile da comporre, soprattutto in un momento in cui ogni attore in commedia si trova a dover valutare orizzonti futuribili condizionati da variabili difficili da valutare, sia per risorse, sia per difficoltà finanziarie, sia per spregiudicatezza e dilettantismo… gli elementi sono molti per riuscire a orientarsi nelle molte mosse in atto. Scomposte, senza una prospettiva chiara e con le grandi potenze che tendono forse a ridurre la loro esposizione, pur continuando a tentare di spartirsi porzioni di territorio e di risorse.

Ci si trova in una fase in cui la tendenza è alla frammentazione e la debolezza di ogni protagonista consente contrapposizioni e alleanze tali da scomporre il quadro per ricostruirlo ogni volta ex novo. Ora in Yemen quelli che erano alleati delle forze filosaudite si sono smarcati e costituiscono un terzo polo, riconducibile agli emiratini, indebolendo la famiglia saudita nella contrapposizione con gli Houthi che sono sciiti non così ortodossi con gli iraniani, che comunque appoggiano strategicamente. Allo stesso modo la scatola di sabbia libica va assumendo sempre più la medesima parcellizzazione di potere su base tribale e di interessi geopolitici intrecciati alle spartizioni di risorse. Rimangono le divisioni e le contraddizioni tra luoghi: Aden e Tobruk, San’aa e Tripoli; montanari sciiti vs. sunniti dei grandi porti sul Mar Rosso, tribù sahariane e fratelli musulmani di Misurata, alleati di europei, a cui si contrappongono altre fazioni sunnite; cosiddette primavere arabe e interessi cinesi che si scontrano in territori disegnati non a caso a freddo dal colonialismo storico, i cui retaggi proseguono finora perché quei territori servono così, frammentati, irredentisti e senza un’anima unitaria.

Massimo Campanini, islamista, storico del vicino oriente, docente, ha dischiuso per noi un percorso che consente di collocare la situazione yemenita e libica nel puzzle delle manovre locali e globali che interessano il Vicino Oriente, considerando crisi petrolifere, alleanze strategiche e condizionamenti etno-religiosi della regione, in cui le grandi potenze lanciano le loro sfide per controllare zone e risorse:

Guasti neocoloniali in nazioni inventate dove portare guerre per procura

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