ONDE INDOPACIFICHE #03

Scritto dasu 9 Gennaio 2021

Una puntata tutta sbilanciata sulla Cina, che ha lasciato poco spazio al resto dell’area di interesse della rubrica.

La domanda che sinologi e commentatori esperti di Cina si sono sentiti rivolgere più spesso in questi giorni riguarda i 53 arresti di appartenenti ad alto livello dell’opposizione, o comunque maggiormente esposti nelel proteste che da un paio d’anni scuotono l’ex protettorato britannico. Salvo poi rispondersi da soli con le immagini in diretta da Washington. Ovviamente Sabrina Moles, che ci accompagna in questa panoramica settimanale sui fatti del mondo indo-pacifico non ha aluso la domanda spiegando l’accelerazione della transizione con le necessità dello sviluppo economico vertiginoso. In realtà la domanda reale è quale sia lo stato dell’arte degl accordi economici con l resto del mondo, che in questo periodo vedono giungere a conclusioni trattative. Dopo il Rpec e la concessione di nuove possibilità di investimenti stranieri in Cina sono in dirittura d’arrivo o conclusi accordi con la Comunità europea, il Vietnam, la Turchia e  si avvierà il Focac, il Forum sino-africano che si terrà a Dakar.

L’Africa è per Pechino la nuova piattaforma della cooperazione internazionale; e Sabrina estrae un documento interessante dal cappello dell’attenta sinologa, Noam Chomsky viene evocato per gli investimenti non solo strategici che permangono, ma anche nel mondo dei media per instillare nei paesi toccati dalla cooperazione (e dalla Bri) i punti di vista, i principi, le teorie e le prassi delal cultura cinese. La differenza tra neocolonialismo cinese e quello occidentale – che hanno gli stessi fini predatori – è nella convinzione cinese che la “collaborazione” predicata dagli occidentali sia più invasiva, mentre quella di Pechino sarebbe (subdolamente?) rispettosa delal sovranità nazionale.

Altre notizie relative agli eventi interni della Rpc riguardano una piccola rivoluzione dela leadership militare, ancora più addensata nelle mani di Xi. In questo caso ci si è chiesti se non sia un sintomo della percezione di pericolo derivante dal minaccioso riarmo e di accordi tra nazioni in funzione anticinese, per contenere l’espansionismo sul quadrante indo-pacifico.

Si è poi affrontato l’atteggiamento nei confronti del capitalismo interno al paese, prendendo spunto dalla caduta di Jack Maa (Alibaba) e l’ascesa di Zhong Shan Shan (impero delel acque minerali) e in questo caso si è individuato il nodo nelle leggi contro il monopolio e nelle prassi di accesso alla politica che rimangono inaggirabili: va percorso un cursus politico e non esistono scorciatoie al di fuori del partito.

E infine riprendiamo il problema degli uyguri, con Erdogan che fa accordi con quella Cina, che opprime i turcofoni del Nordovest della Cina: sarebbe intollerabile nella narrazione identitaria di Erdogan,  se la Cina non avesse investito 3 miliardi di dollari in Turchia – per Pechino la porta per l’Europa – negli ultimi anni… e guarda caso sono arrivati in porto accordi di estradizione per i dissidenti dello Xinjiang.


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