Scuola. Un prevedibile caos

Scritto dasu 11 Gennaio 2022

Le scuole hanno riaperto dopo le vacanze tra polemiche, richieste di rinvio ed il pugno di ferro del governo, che, pur di garantire che non ci sia nessun intoppo per i genitori che lavorano, ha decretato una palese riduzione delle garanzie a tutela della salute precedentemente imposte a lavoratori e studenti.
Il nuovo decreto è uscito il 7 gennaio, data in cui in molte regioni sono riprese le lezioni, mentre la circolare attuativa è arrivata il giorno successivo. La conferenza stampa Draghi l’ha fatta ieri.
Finita l’epoca della quarantena, si inaugura la stagione della vigilanza attiva per i vaccinati con tre dosi, anche se hanno avuto contatti. Nel contempo si inserisce un’ulteriore discriminazione nei confronti degli insegnanti e studenti non vaccinati, senza altra logica che quella del disciplinamento.
Nella scuola sono vaccinati circa il 98% dei lavoratori e delle lavoratrici, il restante 2% sino al 15 dicembre andava al lavoro tamponandosi tre volte a settimana: nonostante questa procedura garantisse la salute di tutt* il governo, che ha bisogno di un capro espiatorio, ha deciso di lasciare a casa senza stipendio questi lavoratori e lavoratrici.
Non solo. Il personale della scuola è stato arruolato per le funzioni di polizia sanitaria: le segreterie delle scuole sono obbligate a controllare lo status vaccinale di studenti e lavoratori, perché le ASL non sono più in grado di farlo.
Di fatto, al di là della propaganda governativa, la scuola è in un caos crescente. Mancano all’appello 250.000 lavoratori tra malati, sospesi perché non vaccinati, e personale “covid” che si è licenziato perché non veniva pagato. Molti sono i buchi anche tra i banchi, perché oltre ai malati, ci sono tanti che hanno scelto l’autoisolamento per tutelarsi.
Le questioni sulle quali da anni si battono le lavoratrici ed i lavoratori più combattiv* restano sul tappeto: più insegnanti, investimenti nell’edilizia scolastica, riduzione strutturale del numero di alunni per classe. Inutile dire che su questo piano nulla si è mosso. La scuola statale si mostra per quello che è: luogo di contenimento dei corpi, di disciplinamento, di addestramento alle logiche del lavoro precario e flessibile. In fondo Draghi è stato esplicito, quando che affermato che finché sono aperte le attività produttive e di servizio, la scuola “deve” restare aperta. Ad ogni costo.
É la logica del produci, consuma, crepa.

Ne abbiamo parlato con Patrizia Nesti, insegnante e attivista nell’Unicobas di Livorno.

Ascolta la diretta:

 

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