Soldi per gli antiabortisti nei consultori

Scritto dasu 17 Aprile 2024

Il governo Meloni vuole garantire libero accesso ai consultori alle organizzazioni contro l’aborto, e, soprattutto, intende finanziarle attivamente con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), sottraendo risorse alla sanità pubblica. Per farlo ha presentato un emendamento, firmato dal deputato Lorenzo Malagola di Fratelli d’Italia e già approvato in commissione Bilancio della Camera, all’articolo 44 del disegno di legge per l’attuazione del Piano, che affronta tematiche inerenti alla sanità.
Il testo dell’emendamento, riportato su Quotidiano Sanità, garantisce alle regioni la possibilità di usare i fondi del Pnrr dedicati alla salute (Missione 6, componente 1 del Piano) per organizzare servizi nei consultori che possono avvalersi “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”, oltre a quelli già previsti, “anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”.
Una mossa all’apparenza quasi inutile, dato che la stessa legge 194/78, che norma l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, prevede come i consultori possano avvalersi della “collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possano anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita”.
La 194, legge di compromesso tra forze laiche e forze cattoliche, ha in se il vulnus che, passo dopo passo la sta rendendo una scatola vuota. Da oltre due anni il quotidiano della CEI, l’Avvenire, ha indicato la via maestra da seguire alle forze che vorrebbero impedire alle donne di scegliere: usare la 194 per rendere quasi impossibile abortire legalmente.
Meloni, primo ministro in nome della triade dio-patria-famiglia, si è allineata con i vescovi italiani: a inizio mandato ha dichiarato che non avrebbe toccato la 194. Passo dopo passo la sta smontando.
Lo scopo del nuovo provveimento è solo quello di garantire un finanziamento pubblico a una serie di realtà, vicine al governo, che sotto la finta apparenza di offrire un sostegno alle madri sono nei fatti organizzazioni radicalmente religiose che promuovono tesi e leggi antiabortiste.
È il caso per esempio della nota Pro vita e famiglia, sostenitrice della proposta di legge che vorrebbe obbligare le donne che vogliano interrompere la gravidanza ad ascoltare il battito cardiaco e vedere un’ecografia del feto, o il Movimento per la vita, autorizzato dalla regione Piemonte a guida di destra a gestire una “stanza dell’ascolto” del feto negli ospedali. In realtà un locale dove gli antiabortisti possono infastidire le donne che vogliono interrompere una gravidanza non desiderata.
Ne abbiamo parlato con Nadia Nardi

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