18 marzo. Sciopero generale
Scritto dainfosu 15 Marzo 2016
Il prossimo 18 marzo i sindacati di Base contrari all’accordo sulla rappresentanza hanno indetto sciopero generale.
Lo sciopero si articola intorno a questi punti:
Contro tutte le guerre e contro le spese militari.
Per le 30ore a parità di salario. Per il reddito garantito.
Contro il Jobs Act e l’abolizione dell’articolo 18.
Contro il Fiscal Compact.
Contro il blocco del dei contratti nel pubblico impiego.
Per la parità dei diritti ai migranti.
Per aumenti salariali a lavoratori e pensionati.
Contro l’accordo sulla rappresentanza. Contro le false cooperative.
Per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Contro lo smantellamento della sanità pubblica e dell’istruzione.
Costruiamo l’autodifesa sociale basata sulla solidarietà d il mutuo appoggio.
Dello sciopero e dell’accordo sulla rappresentanza abbiamo parlato con Massimilano Ilari dell’USI-AIT di Parma.
Ascolta la diretta:
2016-03-15-maxilari-sciopero18
E’ una vera e propria corda al collo quello dell’accordo siglato fra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria sulla Rappresentanza Sindacale il 31 maggio 2013, dove l’autorganizzazione e la conflittualità è stretta ad un cappio che impedisce muovesi contro le regole imposte.
L’aspetto principale dell’accordo è quello che per esercitare il diritto alla Rappresentanza Sindacale si deve sottoscrivere l’accordo stesso.
La conseguenza immediata è che i contratti collettivi nazionali di lavoro, e conseguentemente anche gli accordi di categoria ed aziendali, approvati dalle Organizzazioni Sindacali che rappresentano il 50% + 1 saranno “efficaci ed esigibili”, cioè vincolanti anche per tutti i soggetti sindacali sottoscrittori del Patto e che “si impegnano a dare piena applicazione e a non promuovere iniziative di contrasto agli accordi definiti”. Quindi è vietato promuovere iniziative di lotta, quale lo sciopero, che contrastino contratti e accordi approvati con le modalità di cui sopra, altrimenti si incorre in sanzioni stabilite nei stessi contratti di categoria.
Ai sindacati sottoscrittori del Patto viene misurata la consistenza della rappresentatività incrociando i dati “fra le percentuali degli iscritti (dedotti dalle ritenute in busta paga) e le percentuali dei voti ottenuti nelle elezioni delle RSU con un peso pari al 50% per ognuno dei due dati”. Va considerato, a tale proposito, che nel settore privato spesso le aziende rifiutano la ritenuta sindacale in busta paga, conseguenza del referendum dei radicali vinto nel 1995, garantita solo alle organizzazioni sindacali firmatarie dei CCNL.
Per poter partecipare alle contrattazioni collettive nazionali, oltre ad essere sottoscrittori del Patto, dovranno avere il 5% di Rappresentanza determinata dalle modalità di cui sopra.
I delegati eletti che cambiano sindacato di appartenenza decadono, cosa che sinora non avveniva.
S’introduce in questo accordo, anche nelle aziende del privato, la pratica del “raffreddamento”, per cui non sarà più possibile, come è stato fin’ora, poter proclamare semplicemente lo sciopero quando e come si vuole, in quanto diritto dei lavoratori.
E’ del tutto evidente che lo scopo di questo accordo è quello di ricompattare i Sindacati Confederali e garantire loro in modo assoluto il “monopolio” della Rappresentanza Sindacale.
Di sicuro le vittima designate di questo accordo sono l’autorganizzazione e la conflittualità sindacale dei lavoratori e lavoratrici.
Basterà l’utilizzo degli accordi e delle leggi come “camicia di forza” per impedire le lotte sociali?
Siamo fermamente convinti che i tempi impongono alla classe lavoratrice la necessità di “straripare” dagli argini imposti per difendere le proprie condizioni di lavoro e di vita.