Tunisia: hotspot d’Europa con un presidente razzista

Scritto dasu 10 Marzo 2023

In collegamento con Luca Ramello e Riccardo Biggi, studenti di scienze politiche in tirocinio presso FTDES (forum tunisino dei diritti economici e sociali) torniamo a parlare di Tunisia. Dall’i’tisam, cioè sit-in in arabo, di fronte alla sede dell’UNHCR di Zarzis a febbraio 2022, dove le persone, che l’agenzia aveva sfrattato dalle abitazioni date loro giustificando la decisione per problemi economici, chiedevano, fra le altre cose, il diritto alla possibilità di ricollocamento in un paese sicuro. In tutta risposta gli uffici vengono chiusi per alcune settimane e a maggio, un mese dopo l’inizio del sit-in, viene investito e ucciso da un auto in corsa un membro della comunità tuareg che vi partecipava. Tra innumerevoli detenzioni arbitrarie e push-backs interni il movimento si sposta alla sede dell’UNHCR di Tunisi. Nel giugno 2022 160 manifestanti vengono trasferiti in “shelters” a 20 km da Tunisi, i restanti invece sono sgomberati con la forza, dopo mesi in strada in condizioni igieniche e psicologiche devastanti. Quello dell’UNHCR, come in altri teatri di violenza di massa contro comunità in movimento, è un vero e proprio mandato in cui l’agenzia si sostinuisce allo stato nella gestione, cinica e spietata, delle domande di protezione internazionale che le vengono fatte, criminalizzando chi le fa e contringendole a intraprendere il viaggio illegalmente, modalità con il quale si arricchisce la polizia e l’esercito tunisino, ampiamente equipaggiata dall’Italia in forza dei patti bilaterali. La Tunisia oggi è uno degli hotspot d’Europa, i soldi che entrano per la gestione di questo colossale hotspot in gran parte vanno a controbilanciare un’economia in caduta libera e rendono coerente la presenza al potere di un presidente come Kais Saied che a febbraio di quest’anno teorizza la “congiura per trasformare la Tunisia in un’altra nazione africana che non apparterrebbe più alle nazioni arabe e musulmane”. Le proteste nelle principali città del paese in risposta a queste parole hanno visto la partecipazione allargata di cittadin3 tunisin3, associazioni e collettivi tunisini che non vogliono piegare la testa contro il razzismo istituzionalizzato.

 

 

 

Luca Ramello, Riccardo Biggi e Valentina Lomaglio hanno seguito con reportage per Melting pot l’evolversi del movimento:

«Non smetteremo di chiedere l’evacuazione, il sit-in non è finito»

Criminalizzazione dei rifugiati: il lato oscuro delle politiche dell’UE e dell’UNHCR in Tunisia

 

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