Iran: una lettura della “guerra dei 12 giorni”
Scritto dainfosu 28 Giugno 2025
Abbiamo riportato il punto di vista di Youssef Boussoumah, attivista anticoloniale, collabora con Parole d’Honneur e QG Decolonial
L’attacco contro l’Iran è stato un attacco imperialista perchè, indipendentemente da ciò che si pensa del regime iraniano [e non serve ora aprire questo dibattito], è da sempre l’obiettivo principale dell’imperialismo americano, questo perché l’Iran ha una volontà di sviluppo autonomo ed è l’unica spina nel fianco dell’imperialismo nella regione, oltre ad essere il solo sostegno al popolo palestinese e l’unico Paese ad essere garanzia per l’Asse della Resistenza. E’ un attore centrale nella regione, ha un ruolo importante nei BRICS e attaccare l’Iran significa, oltre a togliere l’unico sostegno alla Palestina, andare a colpire le relazioni con altri Paesi come la Cina e chi rappresenta un’autonomia nella regione. L’Iran ha realizzato l’aspirazione di tutti i paesi del sud: l’indipendenza economica e politica, rappresentando quindi l’ambizione del movimento dei non allineati. Inoltre, nonostante 44 anni di sanzioni l’Iran è uno dei paesi più sviluppati dal punto di vista scientifico e formativo nella regione, anche per quanto riguarda le donne, mantenendo l’indipendenza rispetto agli USA. La sfida per l’imperialismo è quindi conquistare questo territorio in quanto spazio d’azione da chiudere e da tenere sotto controllo: qui si inserisce la questione del nucleare civile in quanto senza di esso non potrebbe esserci sviluppo per il Paese.
La tregua oggi è fragile ma occorre sottolineare che l’Iran ne è uscito vincitore: è un Paese che ha tenuto testa all’imperialismo nella cosiddetta “guerra dei 12 giorni”, sia a Israele che agli USA, perché anche a fronte delle perdite che ci sono state nel Paese, Israele non è mai stato attaccato così in profondità come questa volta. Trump ha posto una tregua, che può essere una farsa, ma questa tregua rappresenta il fallimento di Israele perchè per la prima volta un paese attacca Israele in profondità e sopravvive e questo gli USA non se lo aspettavano.
Le ragioni dell’attacco in questo momento preciso si riassumono in un concetto: abbattere l’unico Stato che sostiene materialmente i palestinesi, i Paesi occidentali infatti sanno che l’Iran non ha la bomba nucleare, ma è diventata la scusa per tentare di privare i palestinesi del loro principale sostegno in termini concreti, infatti l’Iran finanzia certi gruppi palestinesi ed è un Paese che coadiuva nell’esercitazione di quadri militari. In questa fase, molti Stati della regione iniziano a preoccuparsi di costituire un argine a Israele, si apre dunque per l’Iran una grande finestra politica che può aprire contraddizioni interne alla regione nel porsi da argine all’imperialismo americano e a Israele. Oggi sappiamo che l’attacco venne pianificato a marzo scorso, quando i servizi segreti occidentali avevano saputo che l’Iran stava riorganizzando la sua difesa aerea, questa si è concretizzata come un’opportunità per attaccare in questa precisa congiuntura.
L’obiettivo esplicito era il regime change, obiettivo perseguito sin da dopo la rivoluzione iraniana, ma i Paesi occidentali sanno che non possono davvero aspirare a questo obiettivo. In Iran esiste un’opposizione che è molto multiforme, ma paradossalmente non è organizzata, le sanzioni creano difficoltà economiche molto importanti (disoccupazione, aziende occidentali hanno ricevuto multe dagli USA perchè volevano intrattenere rapporti con l’Iran) quindi questo produce contestazione. Inoltre, il livello di scolarizzazione e di formazione è molto alto, soprattutto le donne, questo aumenta il divario tra livello formativo e condizioni sociali e questo agevola la contestazione e l’opposizione alle condizioni sociali critiche. L’imperialismo è molto probabile che procederà affondando le condizioni economiche tramite sanzioni. In Iran esiste un sentimento patriottico molto diffuso, è un dato che il Paese non sia mai stato colonizzato, questo rende più difficile all’imperialismo raggiungere il suo obiettivo. Per questi motivi c’è ragione di pensare che l’Iran non rinuncerà mai al suo programma nucleare e non accetterà l’accordo proposto da Trump, quindi è molto probabile che lo scontro continuerà nel tempo.