militarizzazione

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In mezzo a tante polemiche su pretestuose presenze di bandiere sioniste o palestinesi, strategie politichesi di presenze/assenze in piazza per testimoniare uno stantio antifascismo imbalsamato, l’iniziativa degli antifascisti torinesi del quartiere di San Salvario si ammanta di argomentazioni e motivi che attualizzano il bisogno di avversare le pulsioni razziste, militariste… contro le deportazioni, le fabbriche […]

Nel fine settimana sbarchi e salvataggi di migranti provenienti dal Nord Africa sono continuati senza sosta. Nel Canale di Sicilia migliaia di persone continuano ad attraversare il mare e a raggiungere la Calabria, la Sicilia, Lampedusa. Si contano migliaia di uomini, donne e bambini. Nell’isola sono giunte centinaia e centinaia di persone ed è approdata autonomamente anche una […]

Arrivati stamani con i camion senza alcun avviso da parte dell’amministrazione: nuovi radar più potenti, una militarizzazione a tappeto dell’isola di Lampedusa. Una vocazione militare imposta ai pescatori lampedusani. Un focolaio di malattie (infatti il legame con i cugini dei No Muos non manca, anche per quanto riguarda l’incidenza di tumori), senza considerare l’uso nello […]

Nell’opuscolo senza prezzo (in ogni senso) collazionato collettivamente dal Collettivo anarchico di Lecce, editato da Ned Ludd editore si può leggere «chi davvero intendesse giocare la partita contro il gasdotto, dovrà tenere in conto che opporsi ad esso significherà anche, necessariamente, opporsi allo Stato e all’intero sistema economico e sociale». In questa frase si condensa […]

C’erano tutti: il vicecapo della polizia, Nicola Izzo, il macellaio che nel marzo 2011 represse il movimento no-global napoletano con botte e torture, il presidente della Provincia Saitta, il sottosegretario all’Interno Carlo De Stefano e procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli, passando per il vice comandante nazionale dei carabinieri.
Al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza ha preso parte un discreto pool di esperti della repressione. Sul tappeto, ancora una volta, il disciplinamento forzato del movimento No Tav, sempre refrattario ad ogni tentativo di normalizzazione. Non è bastata la carota, non è bastato oltre un anno di occupazione militare, controlli, arresti, fogli di via per piegare un movimento, che è ormai divenuto punto di riferimento per l’opposizione in ogni dove d’Italia.
Dal vertice è scaturita la decisione di inviare altri 200 uomini in divisa per sorvegliare le recinzioni in Clarea. Come sempre l’apparato propagandistico che sostiene le operazioni repressive parla di estremisti, di anarchici, di antagonisti, ignorando la realtà: il movimento di opposizione al Tav ha maturato una crescente radicalità, sulle barricate della Libera Repubblica come nella lunga resistenza alla violenza dell’occupazione militare.
Dopo un’estate resistente, si prepara un autunno caldo a Chiomonte, dove la scorsa settimana gli uomini della CMC, la Cooperativa Muratori e Cementieri di Ravenna, hanno fatto capolino al cantiere/fortezza in vista dell’avvio dei lavori. I No Tav si preparano alla resistenza.

Domenica 16 settembre, ultimo giorno di campeggio a Chiomonte, alle 14,30 ci sarà un’assemblea popolare del movimento No Tav.

Il 2 ottobre riprenderà il processo contro i No Tav accusati di aver impedito un sondaggio a Susa nel gennaio del 2010.

Ne abbiamo parlato con Alberto Perino.

In Emilia, tutti i capannoni industriali delle zone terremotate, sono stati dichiarati inagibili. Si tratta di prefabbricati, molti dei quali non hanno retto alle scosse uccidendo chi ci lavorava. Una strage evitabile, ma la fame di profitto, costi quel che costi a chi lavora, è senza freni. Ha fatto scalpore la notizia dell’imprenditore carpigiano che ha fatto firmare ai propri dipendenti una moratoria che lo libera da ogni responsabilità in caso di nuove scosse. Della serie: o rischi la vita o resti senza lavoro.
In tutta la bassa il ricatto occupazionale è forte. Molti imprenditori potrebbero decidere di delocalizzare, specie le produzioni delle industrie nano tecnologiche, che sono legate a grossi gruppi multinazionali, che certo non hanno alcun problema a spostare altrove il loro business.

Nelle tendopoli lentamente si allarga il controllo della protezione civile, che le trasforma in campi militarizzati, con check in ossessivi agli ingressi, coprifuoco notturno, strutture a panopticon.
Particolarmente grave è la situazione a Rolo, nella tendopoli sono ospitati soprattutto immigrati, dove l’unico compito che la protezione civile ha assolto con straordinaria diligenza è la caccia ai lavoratori senza documenti. In compenso al momento della visita dei compagni alla tendopoli, per 200 persone c’era un solo gabinetto.

Diversamente dall’Aquila la zona terremotata è molto ampia e la protezione civile non riesce a stringere nella propria morsa tutta la popolazione. In molti paesi resistono le tendopoli autogestite nei parchi cittadini o i piccoli insediamenti di tende nei giardini delle case.
In queste zone si sta costruendo una rete di aiuti autogestiti, guardata con molta simpatia dalla gente, che dichiara aperta diffidenza verso la protezione civile.

Ne abbiamo parlato con un compagno, Simone, impegnato nella solidarietà dal basso


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