Campi e confini di guerra
Scritto dainfosu 21 Settembre 2013
Aggiungiamo un ulteriore tassello al tentativo di sbrogliare la matassa intricata di due anni di guerre siriane: il plurale è d’obbligo come sentite nella registrazione del racconto di Federica Tourn, giornalista freelance che ha visitato i campi profughi di profughi siriani fuggiti verso ovest, sul labile confine turco, oggetto di scontri anche con peshmerga kurdi che non vogliono perdere l’occasione di ricongiungere clan divisi da una linea di frontiera giustapposta da decenni a separare in modo fittizio villaggi omogenei e quindi si scontrano con i qaidisti, ma anche come sempre con i turchi allarmati.
Nel racconto che si dipana vengono evocati gruppi di ribelli molto diversi; difficoltà di essere giornalisti e di capire processi o anche le scelte stesse dei colleghi giornalisti, che prediligono raccontare dei campi libanesi; la condizione disperata dei profughi e la descrizioni dei campi – vuoti quelli ufficiali, sovraffollati gli altri, con situazioni complicate, sia per chi è fuggito in Turchia, sia quelli desolatissimi ancora in Siria, dove i campi sono controllati da ribelli e quindi bombardati sistematicamente dal regime: malattie, gelo d’inverno e caldissimo d’estate, assistenza sanitaria minima, cibo scarso, assenza di scuole. Mutilati, orfani, totale assenza di corridoi umanitari e grande volontà di tornare alle proprie case.
Straziante, ma questo racconto di Federica getta una luce diversa dai soliti reportage dei media mainstream: