Siamo sulla stessa barca
Scritto dainfosu 24 Ottobre 2013
Askavusa è un’associazione lampedusana che non si limita a gesti eclatanti come restituire medaglie e riconoscimenti tramite lettera al Capo dello Stato e ideatore dei Cpt (rispedite al mittente perché responsabile delle politiche di respingimento e reclusione), ma identifica anche le questioni legate al lavoro e alla militarizzazione nascoste sotto la questione migrante. Dietro le leggi repressive sulla migrazione ci sono strategie capitaliste, che la adoperano a pretesto per venire approvate (ultimo caso la creazione di Eurosur come duplicazione di Frontex direttamente operante nel Mediterraneo, dopo la tragedia di Lampedusa avvenuta pochi giorni dopo la bocciatura dell’istituzione della stessa Eurosur da parte della Commissione europea).
Sono queste leggi che creano i clandestini, quei clandestini che se resi tali, ovvero lavoratori ricattabili, servono per legittimare la repressione, la legislazione d’emergenza, l’industria delle associazioni operanti nel campo e quindi creare altri clandestini da sfruttare, che ora sono all’incirca il 10 per cento.
Askavusa propone l’apertura di un corridoio umanitatio ma anche la creazione di figure di lavoratori con diritti che possano lavorare e non essere sfruttati. Per quanto riguarda i richiedenti asilo va effettuata una revisione di tutta la politica europea a cominciare dalla assurdità delle leggi di Dublino che impongono al migrante di fermarsi nel primo paese comunitario in cui è stato identificato. Invece si spendono milioni in radar , sistemi di controllo e navi militari, che incredibilmente non sono in grado di evitare tragedie o intervenire quando un barcone si ribalta. Lo scopo evidentemente non è di evitare i naufragi, ma di impedire i viaggi: “Affoghiamoli a casa loro”.
Lampedusa non può sobbarcarsi in un territorio così ridotto l’emergenza prodotta dagli sbarchi e il suo Cie è gestito in modo da dare profitto all’appaltatore (Bluecoop Sisifo, che è una cooperativa legata al PD, che gestiva già il cara di Sant’Angelo di Brolo ed è inquisita per una truffa di 500 mila euro nella gestione di quel cara; il consorzio tra la palermitana LampedusaAccoglienza e la bolognese Bluecoop consente a quest’ultima di gestire il cie di Lampedusa), che spende 8 euro al giorno per ogni ospite, ma ne intasca 30: non è credibile che abbia costi superiori a 20 mila euro al giorno, ma diventa difficile pensare a un sistema alternativo quando quello adottato produce simili interessi e riconosce agli uomini soltanto due possibilità: essere o merce o schiavi.
Il lavoro enorme va fatto sulla cultura che sottende a tutto l’afflato retorico umanitario, che da un lato accarezza e dall’altro schiafeggia, senza mai dare una valenza politica ai migranti: i loro bisogni sono mantenuti elementari, i loro corpi sono esclusivametne fisiologici, ma non si parla mai di quello che significano politicamente dal punto di vista della storia che rappresentano, del colonialismo che denunciano anche solo con la loro presenza.
I migranti devono diventare i protagonisti politici italiani, portavoce delle loro istanze storiche: in un mondo globalizzato la lotta può essere a sua volta globalizata, ascoltando le loro storie e accomunandole alle nostre storie, perché ora siamo sulla stessa barca
Sentiamo l’intervento di Giacomo Sferlazzo, portavoce di Askavusa