Omofobia in Africa
Scritto dainfosu 26 Febbraio 2014
Due giorni fa il presidente dell’Uganda Museveni ha firmato la legge che condanna chi promuove l’omosessualità a 14 anni di reclusione, che, in caso di recidiva, possono giungere sino all’ergastolo. In Uganda omosessuali e lesbiche sono discriminati e perseguitati duramente. La pratica dell’outing, anche prima di questa legge omofoba, era rara e rischiosa. Alcuni attivisti gay sono stati uccisi per la loro attività politica.
In Africa, con alcune eccezioni, l’omofobia, leggi discriminatorie e violenza contro le persone glbt sono molto diffuse.
L’omossessualità è duramente condannata dagli integralisti cristiani e da quelli musulmani. In generale all’origine della violenta discriminazione vi è anche la diffusa convinzione che l’omossessualità sia un retaggio dell’occidente colonialista, una vergogna per l’identità africana.
Nell’Africa precoloniale l’omosessualità era un concetto inesistente, perché in genere l’indentificazione delle persone con un genere diverso da quello biologico veniva trattata come diversità, che, a seconda delle diverse culture, si traduceva in un ruolo specifico talvolta di grande importanza simbolica. Se a ciò si aggiunge che le pratiche sessuali non procreative non venivano investite di importanza particolare, poiché solo la sessualità procreativa era rigidamente normata, si ha un quadro culturale che il colonialismo ha scompaginato.
L’occupazione coloniale ha portato in Africa sia il concetto di omosessualità sia quello di omofobia.
Ne abbiamo parlato con Lia Viola, antropologa e attivista glbt, che ha condotto studi sia in Sudafrica sia in Kenia.
Tra i suoi libri citiamo “Al di là del genere. Modellare i corpi nel Sud Africa urbano”, in cui l’autrice analizza una società complessa e contraddittoria.
A meno di vent’anni dalla fine dell’apartheid il Sud Africa è uno dei pochissimi paesi del mondo che nella propria costituzione tuteli esplicitamente la popolazione LGBTI. Eppure la realtà sociale è molto complessa e l’omofobia è a livelli altissimi. Le donne lesbiche sono spesso vittime del così detto “stupro correttivo”, una pratica diffusa per cui un uomo eterosessuale si arroga il diritto di stuprare una donna così da insegnarle qual è la sua “vera” sessualità, il suo ruolo sociale. La violenza fisica e psicologica verso transessuali ed omosessuali è a livelli assolutamente drammatici e il complesso sistema legislativo di protezione dei diritti umani non riesce a divenire realtà sociale. In questo complesso contesto fatto sia di violenza a cielo aperto che di lotta per i diritti LGBTI, le vite dei transessuali e degli intersessuali divengono strumento di analisi della società, delle categorie di genere e del sistema bio-medico che patologizza la diversità perpetuando il sistema etero-normativo.
Ascolta la diretta con Lia Viola: