Sgomberi, degrado e riqualificazione: gli stadi della gentrificazione

Scritto dasu 29 Maggio 2014

2014_05_29-rabelPrendendo spunto dallo sgombero di ieri del bar-libreria Rabél, abbiamo voluto allargare il discorso alle politiche di urbanizzazione che sottendono alle scelte speculative del comitato d’affari politico-finanziario dell’aministrazione torinese, esemplificativo di quelli che sono i criteri e le forme in cui opera il processo di degrado/riqualificazione di aree urbane volte a favorire la creazione di quartieri destinati dalla speculazione a modelli di vita che possono permettersi gli oneri di urbanizzazione, in modo da ripianare i debiti olimpici.

Il modello di sviluppo dell’urbanizzazione non è una esclusiva torinese, ma è informato da una prassi europea ben incarnata dallo Urban Center, che si fa un vanto di prendere decisioni in modo partecipato con la cittadinanza (come si vede dall’esempio dell’ex Diatto, o dai molti sfratti e sgomberi operati per fare posto ai progetti avveniristici delle archistar). Tutto si fonda non sui servizi ma è asservito ai grandi capitali e volto a creare una rete transnazionale di città fatte con lo stampino a livello europeo. Queste trasformazioni sono poi comunicate da giornalisti, antropologi e intellettuali di vario tipo che devono fare in modo che l’idea di urbanizzazione venga acquisita capillarmente e data come già decretata e soluzione ottimale, compresa la sostenibilità, che prevede anche un minimo di fondi per gli sfratti inevitabili per il buon esito dell’operazione.

I processi si fondono su un primo momento di disinvestimento che conduce al degrado una zona, per poi riqualificarla una volta estromessi gli autoctoni di quel quartiere, quando diventa conveniente al capitale cambiarne i connotati, che non si adattano più a quei cittadini che non si possono permettere gli affitti che la riqualificazione impone e lasciano il posto ai clienti delle grandi agenzie miste con una quota di minoranza pubblica ma controllate dai grandi capitali privati (banche e immobiliaristi) che quindi possono dettare le logiche sottese alla progettazione delle città attraverso un investimento integrato nel territorio al fine di avere un profitto sicuro. A Torino i processi di riqualificazione in corso sono 17 e quasi tutti si rifanno a Torino Immobiliare, come ci spiega con maggior precisione Luigi in questo intervento:

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Luigi ha accennato nel suo discorso all’area ex Diatto di Borgo san Paolo, quartiere ex operaio del cui intervento di gentrificazione ci parla più diffusamente Manuel della Snia Rischiosa, in vista anche della manifestazione del 7 giugno che lambirà quasi tutte le aree sotto osservazione da parte dei palazzinari che vogliono riprogettare la vita di buona parte del quartiere nel cui tessuto erano incastonate molte industrie ormai in disuso e quindi appetibili per affari assimilabili a quelli descritti nell’analisi della “variante 200” o dell’attacco portato in Barriera, o con minime variazioni nel sito della Thyssen, su cui sono già stati avanzati progetti improntati al solito schema, nonostante non insista su un’area già “vissuta” da famiglie e storie popolari, magari centenarie, come quelle dello storico borgo proletario di sanpaolino.

Laddove non è tanto il degrado indotto a porre le premesse per gli affari sulla riqualificazione fatti dalle agenzie colluse con il potere amministrativo,  il lavoro sporco viene eseguito dall’incuria, se non la distruzione del patrimonio culturale: siano esse vestigia del recente passato industriale, siano acquedotti romani. Il comitato Snia Rischiosa ha già sbugiardato più volte l’amministrazione (che aveva addirittura postdatato la costruzione per far saltare i vincoli sui monumenti storici con la connivenza della sovrintendenza), ha colto in fallo anche l’ente dell’asl preposto alla bonifica dall’amianto. I lavori erano iniziati a spron battuto un anno fa nei modi incauti e sprovveduti raccontati da Manuel nel podcast allegato… ora da dicembre il cantiere è vuoto, non ci lavora nessuno e non ci sono progetti conosciuti sulla ex fabbrica come sull’intero quartiere, su cui campeggia imponente l’inquietante grattacielo di Intesa-Sanpaolo.

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