Kobane. Il gioco di potenza tra Stati Uniti e Turchia

Scritto dasu 22 Ottobre 2014

kurdistanIeri i media battevano la notizia di un accordo tra Stati Uniti e Turchia per l’apertura di un corridoio verso il cantone di Kobane, nel Rojava, la regione siriana abitata prevalentemente da popolazioni di lingua curda, sotto assedio dell’ISIS da 36 giorni.
Apparentemente una svolta. La frontiera turca – lo testimoniano gli osservatori che inviano report da Suruc, la cittadina ad un chilometro e mezzo da Kobane, è rimasta chiusa al passaggio di aiuti, armi e volontari. Ben diversamente dai rifornimenti per l’ISIS che non sono mai cessati.
L’ambiguità della Turchia non meno di quella degli Stati Uniti e dei suoi alleati è sin troppo evidente.
In realtà le formazioni che verrebbero fatte passare sono quelle provenienti dalle regioni del Curdistan iracheno, zona di fatto indipendente sin dal 1990, sotto il controllo del partito di Barzani, molto vicino agli Stati Uniti.
Si chiamerebbero ad intervenire i miliziani che quest’estate si sono ritirati di fronte all’avanzata dell’IS nella piana di Ninive e nelle zone di lingua curda dei Senghal, dove l’IS ha attuato atrocità nei confronti della popolazione civile, dagli stupri di massa alle conversioni forzate degli Yezidi alle crocefissioni dei cristiani.
Solo l’intervento delle milizie provenienti dal Rojava ha posto un argine all’avanzata dell’ISIS, spezzando l’assedio di Senghal.
La mossa del cavallo dell’amministrazione Obama, servirebbe ad aggirare la resistenza del governo Erdogan.
Da questa partita sono esclusi gli uomini e le donne di Kobane che da 36 giorni, nonostante l’incommensurabile disparità di uomini e mezzi stanno resistendo all’avanzata degli uomini del califfo. La loro esperienza di comunalismo libertario è incompatibile con il grande gioco di potenza che Erdogan, gli Stati Uniti, il califfato di Al Baghdadi stanno facendo sulla pelle delle popolazioni locali e di chi lotta, oltre che per la propria vita per un percorso di libertà che, ancora una volta, racconta che un’altra storia è possibile.

Ne abbiamo parlato con Murat Cinar, un torinese di origine turca, da poco tornato dal suo paese.
Ascolta la diretta:

murat_curdi


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