Tunisia. Il grande gioco del Mediterraneo

Scritto dasu 25 Marzo 2015

L’attentato al Museo del Bardo a Tunisi è stato probabilmente un’azione riferibile a uno dei gruppi jihadisti locali formatisi nel corso della dittatura di Ben Ali. L’interpretazione vigente in Italia secondo la quale l’attentato sarebbe stato opera di una branca locale del Daesh (o Isis secondo l’acronimo inglese) ha corso solamente in Italia. Molto probabilmente tale interpretazione è funzionale alla preparazione dell’opinione pubblica italiana al sempre più probabile intervento del nostro paese nello scenario libico. La vicinanza della Tunisia alla Libia e il calcolato terrore portato da una presunta progressiva diffusione di questa organizzazione all’interno dei paesi del sud del Mediterraneo è funzionale ad una campagna il cui fine ultimo è la difesa armata degli interessi dell’industria energetica di stato italiana in Libia e alla sua espansione in Tunisia.

Aldi fuori dell’Italia, e in particolare in Tunisia, nessuno dubita che l’attentato sia stato messo in opera da parte di esponenti dei gruppi salafiti locali stanziati nelle montagne del sud ovest del paese al confine con l’Algeria. Tali gruppi avrebbero goduto di una forte libertà di azione dopo l’insurrezione del 2011 che pose fine alla dittatura di Ben Ali e durante il governo del partito islamico Ennhada.

All’epoca infatti venne permesso loro di recarsi a combattere in Siria contro la dittatura laica del paese mediorientale con l’evidente complicità anche degli USA e dei paesi occidentali interessati agli sviluppi nel paese. Gli avvenimenti successivi con la fine del governo Ennhada in Tunisia e, soprattutto con il mutamento di alleanze americane nell’area, ha nuovamente confinato i gruppi salafiti del paese africano nell’esilio delle montagne del sud ovest. In qualche misura si può sostenere che l’attentato del Bardo sia stato una sorta di vendetta jihadista contro un ribaltamento di alleanze vissuto come un “tradimento”. Dobbiamo, infatti, ricordare che Ennhada, pur diventato minoritario nel Parlamento tunisino, è ancora presente all’interno della compagine governativa a Tunisi. Vista in questa prospettiva acquisterebbe senso anche l’ipotesi che,in realtà, l’attacco al Bardo sia stato un diversivo per il gruppo di fuoco, a seguito del fallimento dell’attacco contro il Parlamento della nazione mediterranea. Parlamento tunisino e museo del Bardo fanno infatti parte dello stesso complesso monumentale della capitale.
Di tutto questo abbiamo parlato con Karim Metref, blogger, insegnante torinese di origine kabila, attento osservatore delle vicende che stanno squotendo il nordafrica.

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