Renzi e l’elemosina elettorale ai pensionati

Scritto dasu 19 Maggio 2015

Matteo Renzi è in calo di consensi e certo l’imposizione di una stretta autoritaria a scuola potrebbe fargliene perdere parecchi. In dirittura d’arrivo ha lanciato uno spot elettorale sulle pensioni.

Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato il bonus che dovrebbe garantirgli di fermare una possibile emorragia elettorale: 500 euro medie una tantum solo per le pensioni comprese tra i 1.500 e i 3.200 euro lordi. Un provvedimento che riguarda da 3,7 milioni di italiani.

Renzi prende due piccioni con una fava. Distribuisce una manciata di quattrini alla vigilia della consultazione locale e mette una pezza alla sentenza della Corte costituzionale depositata lo scorso 30 aprile che dichiara illegittimo il blocco delle rivalutazioni delle pensioni per il biennio 2012–2013.
Il governo se la cava sborsando 2 dei 18 miliardi che Elsa Fornero e Mario Monti avrebbero fatto risparmiare allo Stato.

Il bonus sarà elargito il primo agosto solo per le pensioni fino a 3.200 euro lordi — 6 volte il minimo Inps. Per addolcire l’amara pillola ai 2,3 milioni di pensionati esclusi, il premier ha usato le sue solite armi: le promesse e gli annunci. I primi sono già stati smentiti. Molti avevano pensato che il decreto modificasse i criteri di indicizzazione.
Invece no. Sul sistema di calcolo delle rivalutazioni non c’è alcuna modifica. Si tratta semplicemente di aggiungere il bonus una tantum al montante su cui si calcola la indicizzazione (500 milioni di costo l’anno).

La promessa invece riguarda la prossima legge di stabilità. Lì, sostiene Renzi, verrà affrontato il tema della «flessibilità in uscita». Ma le premesse non sono di certo positive per chi vorrebbe andare in pensione un po’ prima rispetto all’innalzamento di sei anni fissato dalla riforma Fornero. Pare chiaro che il prezzo del pensionamento anticipato sarà molto alto: chi smette di lavorare prima percepirà una pensione sensibilmente più bassa.

Il mancato rispetto delle indicazioni della Corte Costituzionale è stato motivato dal ministro Padoan in base al principio che i vincoli europei sarebbero prevalenti rispetto al dettato Costituzionale, che così diviene, nei fatti, carta straccia.
Nulla di nuovo in un paese in cui le garanzie di libertà e tutela sono, e non da oggi, servono solo a dare lustro alla retorica istituzionale.
La democrazia reale si mostra sempre più spoglia di orpelli formali.
I soldi per l’una tantum, secondo Renzi, usciranno dal «tesoretto». Ma Padoan ha corretto il premier perché il tesoretto è di soli 1,6 miliardi e il costo è invece 2 miliardi e 180 milioni.

Ascolta la diretta con Renato Strumia:

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