Elezioni in Francia. Stato di emergenza permanente

Scritto dasu 15 Dicembre 2015

Nel 2002 l’appello all’unione sacra degli antifascisti contro l’uomo forte del Front National, fece lievitare la partecipazione alle elezioni, e diede una vittoria strepitosa ed inaspettata ad un opaco Jacques Chirac, che venne eletto presidente della Repubblica.
Qualcuno, per questo secondo turno delle regionali in Francia ha evocato il clima di quei giorni.
Il numero degli elettori al secondo turno delle elezioni regionali è salito sensibilmente, passando dal 43 al 60% in una sola settimana.

L’appello per impedire al Front National di capitalizzare i crescenti consensi ottenuti al primo turno ha funzionato.
Alle prossime elezioni presidenziali molti ipotizzano una situazione simile, con tuttavia un maggiore margine di incertezza.

Il Front National è stato travolto ovunque: spazzate vie Marine Le Pen al nord e Marion Marechal Le Pen al sud, messo al tappeto anche lo stratega del partito Florian Philippot, che in Alsazia non ce l’ha fatta nonostante l’ammutinamento del socialista Jean-Pierre Masseret, che non ha ritirato la lista.
I Republicain di Nicolas Sarkozy, che cinque anni dopo la sconfitta continua a non convincere e non coinvolgere, conquistano sette regioni contro le 5 dei socialisti (la Corsica è andata ai nazionalisti) ma appaiono spaccati e alla vigilia di una resa dei conti decisiva.

Resta il fatto che Marine e Marion Le Pen hanno perso le elezioni regionali con percentuali di voto personali tra il 41 e il 45%. Il Front National è stato votato da oltre sei milioni di persone.
Sei milioni di persone che, secondo tanti analisti, hanno puntato sul Front National non solo per le posizioni sull’islam, l’immigrazione o l’accoglienza dei profughi, ma per ben più concreti spauracchi.
Centrale è stata la propaganda che prometteva lavoro, pensioni, tutele, temi cari alla destra sociale, che, dopo anni di macelleria, dopo le leggi Macron, l’elisione di diritti, l’elevazione dell’età pensionabile, riesce a suonare una canzone diversa nel coro europeista e liberale dei socialisti e dei repubblicani.

Questa volta il fronte repubblicano se l’è cavata, giocando, ancora una volta, la carta della difesa dei valori dell’esagono, della barriera contro il fascismo.

La formazione di Marine Le Pen non è tuttavia il partito petenista di suo padre Jean Marie, si è data una ripulita e riesce ad attrarre quella parte dell’elettorato moderato, sedotto dalla retorica populista e sovranista, spaventato da un futuro senza reti di salvataggio. A cavallo tra la Lega di Matteo Salvini e le Cinque Stelle di Casaleggio e Grillo il Front National potrebbe ancora sfondare l’esile retorica antifascista di chi ha dichiarato lo stato di emergenza, sogna Guantanamo e militarizza la società.

La calma quasi piatta che caratterizza il panorama sociale francese rende credibile un’ulteriore ascesa del Front. Al di là del salvataggio emozionale che ha impedito a Le Pen di fare man bassa alle regionali, resta l’immagine grigia e feroce di un partito unico, che rischia di logorare la sola carta che sinora ha funzionato. Inseguire l’estrema destra sul suo terreno, imitandola, e insieme, far leva sull’antifascismo per incepparne l’ascesa.

Ne abbiamo parlato con Gianni Carrozza, già redattore di Collegamenti e di Lutte Sociale.

Ascolta la diretta:

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