Battaglia di Mosul: il problema è il dopo

Scritto dasu 20 Ottobre 2016

La battaglia di Mosul si sta rivelando più veloce è semplice del previsto. Molte fonti informative riportano un abbandono massiccio dei combattenti dello Stato Islamico dal terreno di scontro. Certo, nella guerra la prima vittima è un’informazione trasparente ed è inoltre difficile oggi dire  con certezza se (l’apparente?) silenzio delle prime ore corrisponderà ad una recrudescenza del futuro prossimo con l’uso di kamikaze, cecchine o altre sorprese. Quello che sappiamo è che stamattina i peshmerga di Massud’arzani (formazioni kurde del nord Irak, storicamente alleate agli stati Uniti e in non brutti rapporti con la Turchia di Erdogan) hanno lanciato dalle prime luci dell’alba un’offensiva su larga scala nella parte settentrionale e orientale della città. L’esercito irachenoha invece attaccato la città irachena, roccaforte del gruppo Stato islamico, da sud.

Ma il vero problema, a questo punto, non sarà tanto la liberazione (forse) quando la gestione del post, a causa della partecipazione composita e divergente negli interessi di medio-lungo periodo degli attori che partecipano all’operazione di guerra: curdi-iracheni, iracheni-sciiti legati all’Iran, Turchi, Americani. L’esercito iracheno, in particolare, riflette in maniera abbastanza fedele le spaccature etniche e confessionali che attraversano quello che non si sa nemmeno più se definire stato. I turchi giocano a tutti i costo la loro partita qui ed è impressionante che le più tenaci proteste arrivino dall’esercito regolare iracheno piuttosto che dai peshmerga. Questo riflette le spaccature verticali che attraversano la questione curda ma fa capire anche quanto sia imprescindibile per l’occidente il ruolo della Turchia visto che la crisi umanitaria conseguente alla battaglia di Mosul aprirà una nuova pesante partita dei profughi.

Intanto la Turchia gioca pesante, approfittando dell’attenzione mondiale sulla roccaforte dell’Isis per regolare un po’ di conti con quelli che considera i suoi più temibili nemici: dei raid aerei hanno avuto luogo questa mattina contro i curdi nel nordovest della Siria. Ankara ha condotto bombardamenti aerei  uccidendo, stando alle dichiarazioni ufficiali quasi duecento miliziani del Partito dei lavoratori curdi (Pkk) e del Partito dell’Unione democratica (Pyd)

Di tutto questo abbiamo parlato con  Gastone Breccia, professore di storia bizantina all’università di Pavia, autore di Guerra all’ISIS. Diario dal fronte curdo.

Al professore abbiamo anche posto domande più specifiche sulla sua esperienza in Rojava, sul fascino di quell’esperienza politico-militare e sullo sviluppo iper-capitalistico che vede al centro la città curdo-irachena di Erbil.

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