Venezuela in fiamme: il sanguinoso declino del bolivarismo di facciata

Scritto dasu 28 Aprile 2017

Precipita nel sangue la crisi politica che sta attraversando il Venezuela, dove sono almeno 30 i morti dopo tre settimane di proteste contro il governo, il quale nel frattempo ha annunciato di voler avviare le pratiche per ritirarsi dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA). Solo pochi giorni prima del 15° anniversario del colpo di stato contro Chavez (11-13 aprile 2002), quelli che lo attuarono hanno cominciato a gridare contro un presunto “auto golpe” dell’attuale presidente Maduro. Mentre le proteste del 2014 erano una reazione a disordini violenti capeggiati dal movimento studentesco di destra del paese, quelle di quest’anno sono cominciate dopo che la Corte Suprema di Giustizia (TJS) ha emesso una sentenza che assegnava alla Corte poteri temporanei di assumere le funzioni legislative dell’Assemblea Nazionale. Il parlamento venezuelano veniva infatti dichiarato colpevole di “oltraggio alla Corte” per più di sei mesi, dopo che l’opposizione si era rifiutata di rifiutata di far dimettere tre dei suoi parlamentari sotto inchiesta per brogli elettorali. La sentenza è stata revocata quasi immediatamente, mentre le destre reazionarie denunciavano una “rottura dell’ordine costituzionale”. Le proteste di piazza, oggi animate principalmente da giovani, sono state un’occasione da non perdere per le opposizioni, che stavano subendo un costante calo di popolarità dopo un anno intero di sperpero della propria maggioranza legislativa in parlamento. Di fronte alle manifestazioni, Maduro ha ordinato all’Esercito di marciare “in difesa della morale” e in “ripudio dei traditori della patria”. I militari negli ultimi 20 anni hanno sempre avuto un ruolo centrale in Venezuela, ma oggi più che di un governo “civico-militare”, c’è chi parla di governo “militare-civico”.

 

Ad aggravare la situazione c’è naturalmente la crisi economica che da tempo sta affliggendo uno Stato oggi a rischio default, il cui modello di accumulazione è totalmente basato sullo sfruttamento ed esportazione di prodotti petroliferi, di cui non può controllare il prezzo. Di fronte alle forti limitazioni delle riserve di valuta forte e dei proventi del greggio, il governo ha dato priorità al pagamento del debito estero rispetto alle importazioni, che sono state pesantemente tagliate, aggravando così la scarsità di beni nel paese e, conseguentemente, la fame. Allo stesso tempo, per pagare per il bilancio dello Stato, che opera con un deficit pari al 15-20% del PIL, si è fatto ricorso a una politica che stampa nuova moneta, cosa che a sua volta ha portato alla iperinflazione. Come evolverà la crisi in Venezuela sembra dipendere dalle dinamiche interne al potere, in termini di controllo delle forze armate e di egemonizzazione delle mobilitazioni di massa per le strade, mentre le realtà sociali antagoniste auto-organizzate appaiono oggi più che mai frammentate e indebolite. Se al momento non sembra che l’opposizione reazionaria abbia la forza di rovesciare lo Stato, è più che evidente il declino del bolivarismo di facciata di Maduro, che nel frattempo ha annunciato ulteriori concessioni ai capitalisti nazionali ed esteri.

 

Con l’intento di evitare fallaci appiattimenti tanto sul Madurismo capitalista quanto sulle proteste di piazza chiaramente attraversate da spinte reazionarie, questa mattina abbiamo raggiunto il giornalista e scrittore Alfredo Somoza, profondo conoscitore della realtà latino-americana:

SomosaVenezuola


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