Tunisia. Gli ultimi fuochi della rivolta

Scritto dasu 17 Gennaio 2018

Con gli ultimi 41 arresti nella notte del settimo anniversario della «rivoluzione» – il 14 gennaio, giorno delle dimissioni di Ben Ali – sono 972 le persone incarcerate nel mese che ha incendiato nuovamente la Tunisia. Ancora manifestazioni e barricate, con pneumatici incendiati e lacrimogeni, sabato e domenica, nei sobborghi di Tunisi e Feriana, nel governatorato di Kasserine.

Il governo Chahed è corso ai ripari di annunciare una serie di misure per stemperare il malcontento popolare sfociato in rivolta. L’esecutivo ha buttato sul piatto 70 milioni di dinari, circa 23,5 milioni di euro, incluso un «fondo di dignità» per i più deboli, non meglio specificato, e l’impegno a pubblicare la lista definitiva dei martiri e dei feriti del 2011, con relativi risarcimenti, entro la fine di marzo.

Domenica scorsa le migliaia di persone che si sono riversate su Avenue Bourghiba hanno gridato «la rivoluzione continua». E nel suo comizio Noureddine Taboubi, segretario generale del sindacato Ugtt, è tornato a scagliarsi contro la legge finanziaria 2018 «ingiusta e contro ceti medi e popolari» tornando a chiedere al governo di mettervi mano. Ancora ieri un gruppo di giovani laureati disoccupati tunisini ha organizzato una marcia di protesta nel centro di Jendouba.
Ma nei fatti i fuochi della rivolta paiono lentamente sopirsi.

A mettere in moto la protesta era stata la finanziaria del governo che impone una tassazione più alta sui beni di prima necessità. Il Fondo Monetario Internazionale ha condizionato un nuovo piano di aiuti – 2.9 miliardi in cinque anni – alla realizzazione di riforme strutturali volte alla riduzione del debito pubblico.
Gli attacchi degli Jihadisti di due anni fa hanno dato un colpo quasi mortale al turismo, una delle principali risorse specie nella fascia costiera e nell’estremo sud.
L’aumento di un punto percentuale dell’IVA, che colpisce duramente i più poveri, ha innescato la rivolta, prima nelle regioni del centro e del sud, poi in tutto il paese. In Tunisia un giovane su cinque non ha lavoro e scarse possibilità di trovarne uno. Molti sono emigrati, altri si sono arruolati nell’ISIS.
Le speranze della rivoluzione dei gelsomini sono ormai appassite.

Ne abbiamo parlato con Cosimo Caridi, corrispondente da Tunisi del Fatto Quotidiano.

Ascolta la diretta:

2018 01 16 tunisia caridi


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