I sabati contro Vučić

Scritto dasu 11 Gennaio 2019

Da sei settimane la Serbia è scossa da un vento di protesta. Ogni sabato decine di migliaia di persone sfidano le forti nevicate e il gelo per scendere in strada a protestare contro il governo, lo strapotere del presidenteVučić e la mancanza di spazio per i partiti di opposizione sui canali di informazione, in particolare sulla rete nazionale.
Il malcontento è stato provocato dall’aggressione subita dall’attivista dell’opposizione Borko Stefanovic, brutalmente attaccato e picchiato da ignoti, avvenuta lo scorso 23 novembre a Kruševac. Da allora le proteste si svolgono sotto lo slogan “Contro la violenza – stop alle camicie insanguinate”. Lo slogan “Uno dei cinque milioni” è stato aggiunto in un secondo momento, dopo l’ affermazione di Vučić secondo cui non accetterebbe le richieste dei manifestanti nemmeno se fossero in cinque milioni. Gli esponenti dell’opposizione partecipano alle proteste, ma restano mescolati alla folla e non tengono discorsi, mentre in primo piano ci sono attori, intellettuali e giovani attivisti che manifestano in modo pacifico.

Sembra difficile che queste proteste possano mettere in seria difficoltà Vučić così come invece fu a suo tempo per Milosevic, ma di certo sono un banco di prova per il presidente, tanto che si vocifera di elezioni anticipate in un contesto nel quale, è bene ricordarlo, la coalizione di governo ha un dominio assoluto dal momento che controlla gli organi statali e i principali media del paese, dispone di mezzi finanziari necessari per condurre la campagna elettorale e non esita a usare risorse pubbliche per l’autopromozione politica. Resta tuttavia il fatto che tra quei gruppi sociali che scendono ora in piazza inesorabilmente cresce il malcontento che non svanirà facilmente, a prescindere dall’esito delle eventuali elezioni anticipate.  Quindi, se il governo dovesse decidere di organizzare elezioni anticipate, guadagnerebbe tempo ma non è detto che riuscirebbe a “pacificare”quegli animi che stanno cominciando a svegliarsi.

Per capire meglio quello che sta succedendo in Serbia abbiamo contattato Giorgio Fruscione, vicedirettore di East Journal.

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