La guerra al Califfato muta mentre la statura del recluso di Imrali aumenta

Scritto dasu 15 Febbraio 2019

A 40 anni dalla fondazione del Pkk, a 20 dalla cattura di Ocalan, con molteplici tentativi di confronti e trattative, sempre abortite per gli interessi dello stato turco e per le manfrine della politica nello scacchiere mediorientale, si ripropone prepotente la questione curda: le sue battaglie, le guerre, le soluzioni confederaliste democratiche, il territorio frammentato e le città vitali e soffocate… il movimento della diaspora e i contatti tra famiglie e tribù… e poi il tessuto di solidarietà.

Può sembrare un bisticcio infilare, come nel titolo di questo mp3, tautologie quali “lottare per mantenere la lotta” giocando sull’isolamento moltiplicato da un’isola che sequestra da vent’anni il corpo di un uomo che così diventa ancora di più simbolo e riferimento per nulla separato dal suo popolo, ma in realtà dietro a questi titoli si concentra quel mondo curdo che sabato 16 alle 14 scenderà in piazza in una Roma blindata da un governo nemico: un mondo che riassume la guerra all’Isis, condotta vittoriosa fino alla liberazione della Siria, ma che ora con il cambio di casacca degli Usa si trasformerà in territori e forme diverse, avversari e nemici trasformati; un mondo in cui i corpi si frappongono sia per contendere territori usando armi e divise, sia per rivendicare attraverso lo sciopero della fame quel minimo di diritti negato da una condizione geopolitica complessa e con alleanze sempre in evoluzione.

Abbiamo cercato di fare il punto a ridosso della manifestazione romana che rivendica la fine dell’isolamento di Ocalan e mette al centro i molti in sciopero della fame, in particolare Leyla Güven, perché la liberazione delle donne dal patriarcato fa la differenza e conferisce alla lotta curda quella componente che la rende comunque viva e attuale, come si sente dalle parole appassionate di Antonella De Biasi

isolamento su un’isola deserta e lottare per mantenere la lotta

 


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