L’inferno dei migranti bloccati in Tunisia

Scritto dasu 23 Aprile 2024

La Tunisia è diventata nel corso degli anni uno dei principali punti di passaggio dei flussi migratori che si originano in Africa Occidentale (Camerun, Guinea Conakry, Costa d’Avorio, Sierra Leone, Gambia, Mali, Burkina Faso, Togo ed altri) ed è proprio nelle vicinanze della sua capitale Tunisi che da quasi un anno i migranti che provano a partire da Tunisi vivono una condizione di ulteriore privazione di libertà, non potendo lasciare il paese se non rischiando la vita. Nel distretto di LAC 1, un conglomerato di residenze turistiche e palazzi moderni schiacciato tra il lato est dell’aeroporto Tunis Carthage e il mare, c’è un inferno a cielo aperto. Qui ci sono due uffici, uno dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM), il cui servizio sono i cosiddetti “rimpatri volontari”, l’altro dell’organizzazione delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). Tutt’attorno, un accampamento di centinaia di persone divise in due parti: da un lato, quelle provenienti da paesi subsahariani; dall’altro, principalmente persone sudanesi. Le persone sono divise su base etnica e linguistica: le persone francofone (probabilmente subsahariane) vengono deportate verso l’Algeria, le altre – dallo scoppio della guerra in Sudan, in gran parte sudanesi – insieme a molte altre somale, eritree ed etiopi, vengono deportate invece verso la Libia. Dalle parole delle persone a Lac 1, questo è un posto in un cui si muore, com’è successo ad una ragazza a dicembre, di polmonite, perché le ambulanze non arrivano mai, nemmeno per emergenze che riguardano i bambini. Per molti altri, le violenze ricevute dalla guardia nazionale tunisina a seguito di intercettazioni in mare, sono causa di ferite che secondo le norme attuali emanate dal governo, non possono essere curate poiché nessuno, ad eccezione della Croce Rossa tunisina, può fornire assistenza medica. Molti di loro guardano con sgomento ai memorandum d’intesa che l’UE e l’Italia, dietro falsi obiettivi, continuano a ratificare con il governo di Kais Saied, perché ne discende lo stanziamento di denaro arriva direttamente nelle mani del sistema di polizia tunisino. Polizia che agisce senza alcun limite, dopo che nel 2021 il presidente ha proclamato lo stato di emergenza che lo ha portato ad attribuirsi pieni poteri politici.  La solidarietà tra chi vive qui è assoluta, non avendo niente non possono fare altro che condividere tutto. Ad iniziare dalle informazioni, condivise su gruppi whatsapp o simili, ed è proprio grazie a questo tipo di gruppi che vengono raccolte molte notizie di quello che succede qui e lungo tutti i luoghi di stanziamento e trasferimento forzato.

Abbiamo intervistato ai microfoni dell’informazione di radio blackout un compagno che si trova ora in Tunisia e che scrive dei reportage su questo argomento per http://Melting Pot

 

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