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Esattamente 18 anni fa, la notte tra il 17 e il 18 settembre 1994, a Torino venivano occupati i locali di via Revello 3 per dare vita al CSOA Gabrio, una realtà che fino ad oggi e ancor più negli ultimi anni ha svolto un ruolo importante nel territorio della città e in particolare nel […]

Le informazioni non sono ancora chiare ma pare che, oltre all’accordo bilaterale già esistente tra Italia e Francia per il trasferimento di scorie nucleari da Saluggia a La Hague, recentemente proprio il governo Monti abbia concordato con gli USA di Obama la cessione agli Stati Uniti di altro materiale radioattivo presente nei depositi della cittadina […]

nel pomeriggio di domenica 16 settembre al campeggio no tav di Chiomonte c’è stata un’assemblea popolare per definire alcune delle prossime tappe del movimento è stato definito che il campeggio si trasforma in presidio permanente, mentre continuano le iniziative in valle e non solo ascolta il report di Maria, redattrice di Radio Blackout: assembleanotav16.9

La rete Lenford ha redatto un dossier sulle persone omosessuali in fuga dalle persecuzioni, persecuzioni fissate dalla legge o inscritte in ambiti sociali in cui la discriminazione diviene violenza.
In 76 paesi nel mondo l’omosessualità è considerata reato, in 7 è punita con la pena di morte. Tra le migliaia di persone che ogni anno richiedono la protezione internazionale in Europa c’è anche chi fugge per le persecuzioni subite a causa del proprio orientamento sessuale. Lo spirito della Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, è stato ribadito dall’Unione Europea con la Direttiva Qualifiche del 2004. Questa, all’art. 10, introduce l’orientamento sessuale come motivo di persecuzione. Ed ha anche elaborato, con la Direttiva Procedure del 2005, degli standard procedurali minimi per il rilascio della protezione internazionale. In tutt’Europa, un omosessuale in fuga dall’Iran, dall’Arabia Saudita o da qualsiasi altro Paese in cui l’omosessualità è penalmente perseguita (o per cui è prevista la pena di morte), dovrebbe ricevere il medesimo trattamento. Ma così non è.
Nei vari Paesi le prassi adottate sono non sempre concordi, e in alcuni casi nettamente discutibili. E questo anche in stati, come la Spagna, che hanno legislazioni all’avanguardia sulla tutela dei diritti di omosessuali, bisessuali e transessuali. A metterlo in luce, il rapporto Fleeing Homofobia, indagine comparativa sulla concessione del diritto d’asilo a persone discriminate per il proprio orientamento sessuale e di genere.

Ne abbiamo parlato con Giorgio Di Medico, responsabile dell’Arcigay per i rifugiati e richiedenti asilo in fuga dall’omofobia.
In Italia, in confronto ad altri paesi europei, le commissioni giudicanti in genere concedono l’asilo senza ricorrere a verifiche spesso umilianti.
Peccato che gli uomini e le donne in fuga dall’omofobia raramente giungano di fronte alle commissioni giudicanti, vista la pratica dei respingimenti collettivi in mare per la quale l’Italia ha subito una condanna dal tribunale per i diritti dell’uomo.

C’erano tutti: il vicecapo della polizia, Nicola Izzo, il macellaio che nel marzo 2011 represse il movimento no-global napoletano con botte e torture, il presidente della Provincia Saitta, il sottosegretario all’Interno Carlo De Stefano e procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli, passando per il vice comandante nazionale dei carabinieri.
Al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza ha preso parte un discreto pool di esperti della repressione. Sul tappeto, ancora una volta, il disciplinamento forzato del movimento No Tav, sempre refrattario ad ogni tentativo di normalizzazione. Non è bastata la carota, non è bastato oltre un anno di occupazione militare, controlli, arresti, fogli di via per piegare un movimento, che è ormai divenuto punto di riferimento per l’opposizione in ogni dove d’Italia.
Dal vertice è scaturita la decisione di inviare altri 200 uomini in divisa per sorvegliare le recinzioni in Clarea. Come sempre l’apparato propagandistico che sostiene le operazioni repressive parla di estremisti, di anarchici, di antagonisti, ignorando la realtà: il movimento di opposizione al Tav ha maturato una crescente radicalità, sulle barricate della Libera Repubblica come nella lunga resistenza alla violenza dell’occupazione militare.
Dopo un’estate resistente, si prepara un autunno caldo a Chiomonte, dove la scorsa settimana gli uomini della CMC, la Cooperativa Muratori e Cementieri di Ravenna, hanno fatto capolino al cantiere/fortezza in vista dell’avvio dei lavori. I No Tav si preparano alla resistenza.

Domenica 16 settembre, ultimo giorno di campeggio a Chiomonte, alle 14,30 ci sarà un’assemblea popolare del movimento No Tav.

Il 2 ottobre riprenderà il processo contro i No Tav accusati di aver impedito un sondaggio a Susa nel gennaio del 2010.

Ne abbiamo parlato con Alberto Perino.

“Una protesta al giorno per dare un segnale al governo: non molleremo mai, Alcoa non deve chiudere”. Così i circa 400 operai della multinazionale Usa dell’alluminio con sede a Portovesme hanno replicato alle scarse novità emerse ieri dal confronto fra sindacati, proprietà, istituzioni locali e governo al Mise. Il giorno dopo la rabbia delle tute […]

“Palestina bene comune. Verso uno stato unico nella Palestina storica” è il titolo del documento programmatico di ISM-Italia del luglio 2012. Questa prospettiva viene posta in primo piano rispetto all’illusione “due popoli – due stati” (non a caso sponsorizzata dai governi filoisraeliani), che tra l’altro precluderebbe il diritto al ritorno dei profughi nelle terre di […]

Il medico dell’Alcoa è salito stamane sul silos della fabbrica di alluminio primario di Portovesme per visitare uno dei tre operai che da due giorni protestano a oltre 60 metri di altezza dentro una tenda e con uno striscione calato ieri dalla ringhiera di protezione con la scritta: “Disposti a tutto”. Il lavoratore, che ha […]

Continua ad oltranza la protesta degli operai della Gesip che dal 31 Agosto, data della scadenza della proroga del contratto, sono di fatto senza lavoro e ancora peggio senza nessuna prospettiva per il prossimo futuro. Dopo il mancato rinnovo dei 5 milioni di euro utili al pagamento degli stipendi degli operai e al mantenimento dei […]

Vi ricordate dell’impegno del governo italiano a far pagare l’IMU alla chiesa cattolica? Impegno preso, obtorto collo, dopo la condanna dell’UE per il mancato pagamento della vecchia ICI?
Non se ne fa niente: il governo dei “tecnici” non ha trovato in sette mesi il tempo per stabilire quali immobili siano soggetti a tassazione, quindi, per quest’anno difficilmente la chiesa pagherà. Se il decreto dovesse arrivare all’ultimo momento la chiesa avrebbe buon gioco a presentare ricorso. Poi si vedrà: a pagare c’é sempre tempo.
La legge approvata dal Parlamento nell’inverno scorso non è utilizzabile, perché manca l’atto amministrativo del Tesoro che stabilisca effettivamente quando l’attività “dichiarata” non profit di chiese, partiti e fondazioni è da considerarsi esclusivamente non commerciale e quanto debba essere versato al fisco. Non un dettaglio secondario: senza il decreto del ministro Grilli la nuova Ici è una pistola caricata a salve, o meglio, a salmi.

Nulla di cui stupirsi: tra gli infiniti tagli imposti dal governo Monti in questi mesi non un euro è stato tagliato alla chiesa cattolica, la cui influenza sul potere politico è stata di recente confermata dalla decisione del governo di presentare ricorso contro la condanna della Corte Europea della norma della legge 40 sulla fecondazione assistita, che proibisce la diagnosi preimpianto degli embrioni.

Ne abbiamo parlato con Francesco che ha evidenziato i meccanismi di una vera truffa di Stato.

Da Dolcino a Gioacchino da Fiore ai Catari, Patari, Gazzeri, Bogomili, Valdesi, fraticelli, tutti gli eretici perseguitati ferocemente da una chiesa cattolica ben decisa a difendere, in nome della Città Celeste, il proprio più che terreno dominio.
Eretici accomunati dal rifiuto del principio di autorità e quindi della Chiesa alla quale non si debbono pagare le decime. Dolcino, ad esempio, predicava la povertà come distacco dal potere e dalla gerarchia, la comunione dei beni materiali, l’assenza di vincoli formali di obbedienza. La sua era una dottrina radicale che incontrandosi con le esigenze emergenti dalla disperata condizione dei servi della gleba e del popolo minuto delle città porta ad una rivolta che per le autorità religiose e civili del tempo rappresentò una terribile minaccia per l’ordinamento istituzionale e sociale.
I dolciniani raccolsero consenso tra masse povere rurali ed urbane e, anziché “farsi massacrare inermi, si armarono, espropriarono per sopravvivere i ricchi, inventarono la guerra di guerriglia, in pianura e in montagna”.
Nel 1307 si concludeva sulle montagne biellesi l’ultima battaglia di Dolcino e degli “Apostolici” contro la crociata feudale. Questa battaglia resta nella storia come segno e memoria di un lungo conflitto. La lotta dei ribelli contadini ed eretici riemerge nei movimenti giacobini del 1796-99, nelle lotte democratiche del 1848, accompagna la formazione di gruppi operai di indirizzo anarchico e socialista a fine ‘800, nei nomi e nei luoghi dolciniani nella Resistenza e nelle lotte operaie degli anni ’60.
Nel lungo cammino delle rivolte popolari l’epica lotta antifeudale ed egualitaria degli insorti dolciniani si dipana sul filo della memoria e del tempo.

Il filo rosso delle ribellioni popolari attraversa le epoche e i confini e si intreccia nella memoria facendosi cosa viva nelle lotte di oggi.
A oltre 700 anni dal rogo degli eretici dolciniani, sconfitti dopo lunga resistenza, ogni anno, dal 1974, il monte Rubello è luogo di incontro nel segno di una resistenza che continua, del filo che annoda le lotte di ieri a quelli che oggi vedono protagonisti i tanti che non credono che questo mondo di guerre feroci, torture, disuguaglianze, razzismo, saccheggio e devastazione dei territori sia il migliore dei mondi possibili.

Ne abbiamo parlato con Roberto Prato, che con tanti altri, nel 1974 salì al monte per collocare un cippo nello stesso luogo dove i fascisti avevano fatto saltare la pietra posta ad inizio secolo dai operai anarchici e socialisti della zona.
In questo stesso luogo si terrà domenica 9 settembre l’annuale giornata dolciniana, con salita al cippo, assemblea, pranzo al sacco, musica e teatro.

Il consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto sanità. Il cuore del provvedimento saranno ancora i tagli alla spesa e, quindi, al servizio sanitario. Per gettare un po’ di fumo negli occhi norme sui videopoker, il latte crudo e i succhi di frutta. Del tutto indeterminata la parte del provvedimento che promette, grazie all’accorpamento di più professionisti nello stesso studio, la copertura sanitaria 24 su 24. L’eventuale attuazione di questa norma spetta alle Regioni. Difficile immaginare che, con la secca riduzione delle risorse prevista dal decreto, questa misura possa essere applicata in modo da migliorare il servizio. La scelta di accentrare e tagliare che ha chiuso e chiuderà molte piccole strutture ospedaliere diffuse sul territorio, suggerisce l’ipotesi che questa norma, che dovrebbe sgravare la pressione intollerabile sui pronto soccorso, finisca con il restare un semplice rigo sulla carta. Sempre che non venga stravolta e l’accorpamento non sia che una modo per concentrare e ridurre le prestazioni fornite
Completamente esclusi da questa riforma restano i malati, che sempre più sono considerati oggetti e non soggetti nelle scelte che li riguardano.

Ne abbiamo parlato con Giordano, infermiere, che ben conosce le poste in gioco in un decreto che si guarda bene dal toccare gli interessi delle multinazionali del farmaco, delle baronie universitarie, delle lobby politiche che governano le carriere dirigenziali, la cui nomina è sottratta alla lottizzazione regionale per venire decisa nei palazzi del governo.


Radio Blackout 105.25

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