guerra
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Welfere? No, Warfere! Ieri alla Sapienza di Roma, guerrafondai di ogni ordine e grado si riunivano per una conferenza con un titolo raccapricciante “Armi cibernetiche e processo decisionale”, evento patrocinato dal Ministero della Difesa e dal consiglio dei ministri in collaborazione con grandi aziende come Finmeccanica e Ibm. L’incontro era finalizzato a creare una “sinergia” […]
4 novembre: come ogni anno le principali piazze italiane hanno celebrato la lugubre “Giornata delle Forze Armate”. In risposta, un ampio cartello di realtà antimilitariste ha organizzato presidi in tutta Italia, per dire no alle politiche di guerra del governo Monti, che tutto taglia meno le spese militari. Abbiamo parlato di guerra, armamenti e spese […]
Un articolo apparso su La Stampa di ieri (qui il link) dipinge scenari fantascientifici sulle guerre di domani: soldati sottoposti a stimolazioni elettromagnetiche cerebrali diventerebbero perfette macchine da guerra in grado di individuare cecchini, mine antiuomo, bombe e obiettivi strategici con una rapidità doppia rispetto a soldati non neurologicamente trattati.
Il rapporto tra guerra e neuroscienze ripropone il tema dei legami tra ricerca scientifica e guerra, tra sperimentazione ed etica, tra controllo statale e controllo dal basso.
Ne abbiamo parlato con Paolo Iervese, esperto di neuroscienze.
Le scelte del governo nell’ultimo anno sono state un mix di criminalità e cialtroneria.
È stato un anno di “emergenze” costruite per poter meglio modellare un dispositivo securitario, che punta sul disciplinamento del lavoro migrante, come grimaldello per eliminare ogni tutela per tutti i lavoratori, immigrati o “indigeni”.
Il 21 gennaio Monti è andato in Libia per discutere, di soldi, ENI, petrolio ed immigrati. In ballo è la ripresa della cooperazione nel respingimento in mare di profughi e migranti. Con il governo Gheddafi – prima che l’Italia entrasse guerra – le cose andavano a gonfie vele per i razzisti: respingimenti di massa, detenzione nelle galere libiche, netta riduzione degli sbarchi in Sicilia. Tripoli faceva il lavoro sporco, Roma pagava. Chi fuggiva da guerre e persecuzioni trovava galere, torture, stupri e ricatti. Il ministro della difesa Di Paola ha sottoscritto una lettera di intenti con il collega libico Osama al-Juwali per addestrare 300 poliziotti libici in Italia e per il controllo elettronico delle frontiere. La prossima volta andrà in Libia il ministro dell’interno Cancellieri per fissare il nuovo accordo sui flussi migratori. Tutto cambia perché tutto resti uguale.
La Lega Nord scalpita per cacciare via le 22.000 persone sbarcate nel nostro paese per fuggire la guerra in Libia cercando un’opportunità di vita in Europa.
Profughi e richiedenti asilo sono stati affidati alla Protezione Civile, per gestire quella che Berlusconi ha chiamato “emergenza Nord Africa”. La protezione civile anche in questa occasione si è esibita nel solito show. La gente che nel nostro paese ha subito alluvioni, terremoti, frane sa bene che il peggio è venuto dopo. Militarizzazione del territorio, clientelismo, mostruose spese per l’apparato, nulla per chi si trova senza casa e senza lavoro.
I profughi provenienti dalla Libia sono stati dimenticati in migliaia di piccoli centri di accoglienza sparsi per il nostro paese. La protezione civile fa affari, “l’emergenza” diventa una triste normalità.
Tanto “normale” che tanti non se ne accorgono nemmeno, nonostante in ballo ci siano le vite di migliaia di persone.
La gran parte dei profughi della guerra in Libia erano emigrati in quel paese da lunghi anni: nonostante ciò le commissioni che devono decidere sulla concessione dello status di rifugiato fingono di non saperlo, considerandoli alla stregua di immigrati appena sbarcati.
Una delle tante sceneggiate recitate sulla pelle di chi è fuggito da una guerra cui l’Italia ha partecipato attivamente.
Ne abbiamo parlato con Gianluca Vitale, avvocato impegnato sul fronte dell’immigrazione: