Election Day. La crisi dell’impero

Scritto dasu 4 Novembre 2020

Nei prossimi giorni sapremo chi vincerà la sfida per la Casa Bianca. Sapremo se il presidente, che ha governato continuando a presentarsi come un autsider antisistema, riuscirà a spuntarla nonostante i pronostici, oppure sarà la volta di Joe Biden, ombra del naufragato new deal obaniano a prendere le redini. Di un fatto siamo certi: comunque vadano queste elezioni, questi stessi candidati, sono l’emblema di un sistema che fatica ad attraversare una crisi che si sta acuendo.
Una crisi che ha reso ancora più aguzza la piramide sociale, allargando la base degli esclusi.
Una crisi che rivela l’incapacità di gestire le insorgenze sociali La pacificazione sociale dell’era Obama è fallita, Trump ha affrontato con estrema violenza una protesta ampia, duratura e radicale. Partita dagli afroamericani, è andata ben oltre i ghetti dei neri per investire ampi settori della società oltre la linea del colore che segna il confine con le persone razializzate.
Trump, un outsider rispetto all’establishment del suo stesso partito, rappresenta gli umori profondi di un paese spaventato dalla crisi, sempre più consapevole che la linea di demarcazione tra sommersi e salvati non è un muro che mette al riparo il piccolo ceto medio. Il ruolo imperiale degli States si è incrinato in un pianeta multipolare, dove il blocco della pax americana si è sgretolato come già l’impero sovietico, esprime è il frutto della grande paura che sta attraversando il pianeta, dando fiato a istanze reattive e reazionarie radicali.
I democratici non sanno dare risposte realmente diverse. La candidatura di Kamala Harris alla vicepresidenza non promette nulla di nuovo, se non una pennellata di colore per convogliare consensi.

Ne abbiamo parlato con Lorenzo, che a questi temi ha dedicato un articolo.
Ascolta la diretta:


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