Scuola. Piazze piene, aule vuote
Scritto dainfosu 6 Maggio 2015
Ieri sciopero della scuola. Piazze piene ed aule vuote per manifestazioni inferiori nel numero a quelle di sette anni fa contro la Gelmini, ma caratterizzate dalla massiccia presenza dei docenti, mentre studenti e famiglie erano in ranghi piuttosto ridotti.
Manifestazioni quindi pienamente rappresentanti una categoria che si sente colpita dal DdL “Buona scuola” ben più di quanto non sia successo con i tagli Gelmini-Tremonti di sette anni fa. La proposta Renzi, infatti, colpisce pesantemente anche i docenti di ruolo che con l’introduzione del preside manager non avrebbero più la sicurezza del posto e sarebbero sottoposti alla valutazione da parte del capo d’istituto.
Questo dato ha prodotto una reazione d’orgoglio e di dignità da parte di una categoria che ha subito nel tempo un radicale peggioramento della propria condizione ma che non può accettare la trasformazione in braccianti della conoscenza senza provare almeno una reazione nei confronti del governo.
Il progetto di legge si caratterizza per tre caratteristiche significative: la trasformazione del capo d’istituto in dirigente d’azienda con il potere di chiamare in servizio o meno i docenti che preferisce, e di distribuire la parte premiale degli incrementi di stipendio a suoi favoriti; la progressiva diminuzione del finanziamento pubblico alle scuole sostituito dal meccanismo di finanziamento da parte dei privati e dei cittadini tramite l’8 per mille; l’espulsione dal circuito scolastico di tutti quei precari che non verranno assunti il prossimo anno. Quest’ultimo punto va spiegato maggiormente: si tratta dell’applicazione in versione Renzi della sentenza della corte europea che prevede l’assunzione degli insegnanti che abbiano lavorato per più di 36 mesi nella scuola pubblica in questi anni. Con un colpo di spugna il DdL propone di assumerne una minoranza (centomila al più) e di non permettere agli altri di lavorare ancora in modo da impedire la valanga di cause e ricorsi che già sta iniziando ad abbattersi sulle esangui casse del Ministero.
Nel complesso un disegno di legge che vuole esaltare in modo autoritario la concorrenzialità tra i docenti per l’acquisizione di risorse scarse all’interno delle singole scuole, e quella tra le scuole all’interno del sistema di Istruzione. Un meccanismo di concorrenza dove i vincitori sono già noti per l’ovvio motivo che le scuole dei quartieri bene potranno mobilitare risorse famigliari necessariamente più cospicue di quelle mobilitate dagli istituti di periferia. La conseguenza sarà non solo quella di favorire il rafforzamento delle disparità di classe presenti nella nostra società ma di improntare l’insegnamento ad un’attività di addestramento alla disuguaglianza e alla guerra tra individui per l’ottenimento della posizione gerarchica e di reddito migliore tra quelle (poche) disponibili.
Di tutto questo abbiamo parlato con Cosimo Scarinzi, coordinatore della CUB scuola di Torino.
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