I Bastioni di Orione

BASTIONI DI ORIONE 16/10/2025 – A PARTIRE DALLA ENNESIMA RIVOLTA GIOVANILE SFOCIATA IN UNA GIUNTA MILITARE AD ANTANANARIVO, QUANTE AFRICHE SI CONFRONTANO TRA DINOSAURI E GENERAZIONE Z? SI PUÒ CONFERIRE ANCORA UNA VOLTA IL NOBEL PER LA PACE A UNA CRIMINALE GOLPISTA? E POI QUAL È IL CONCETTO DI “CRIMINE DI GUERRA”?

sabato 18 ottobre 2025

Abbiamo deciso di rivolgerci a Freddie del Curatolo che si trova a Dar es Salaam in occasione delle elezioni tanzaniane del 29 ottobre, per avere uno sguardo d’insieme tra le comunità africane, in particolare della costa orientale, per capire meglio da dove nasce e verso dove sfocia la rivolta della Generazione Z formato malgascio, ponendola in aperta dialettica con le nazioni dove è impossibile mettere in discussione lo strapotere dei clan e delle famiglie che governano dall’Indipendenza in combutta con le potenze ex colonizzartici contrapponendole ai paesi dove la popolazione giovane ha avuto la meglio; ne è scaturito un bel discorso composito che viaggia tra le capitali africane e le aspettative sia economiche, sia civili. Dovizia di pareri di personalità intervistate da Freddie e di opinioni raccolte in strada compongono una realtà di decolonizzazione che lascia un vuoto riempito da altri colonizzatori, ma anche di grandi speranze di questa generazione eccezionale: può la bandiera con teschio ridente e tibie di One Piece ribaltare il sistema globale riuscendo a mantenre i contatti per via digitale con le altre rivolte GenZ nel mondo, magari accettando l’alleanza con smandruppati militari africani?

D’altra parte si vede come a un qualsiasi Ubu Roi sia consentito presentare uno show sui cadaveri di decine di migliaia di gazawi, richiedendolo per sé e imponendo poi l’assegnazione del Premio Nobel a una golpista, che chiede azioni violente contro il suo stesso paese (e ottenendole, vista la preparazione e l’affondamento di imbarcazioni venezuelane bombardate). Ne abbiamo parlato con Fabrizio Verde

E quindi ci stava completare il quadro dei Criminali di guerra con lo storico Eric Gobetti, nel tentativo di incorniciarne il concetto tra paletti e riferimenti storici che consentano di definire cosa si possa ascrivere a crimine di guerra e chi sia un criminale di guerra.



Gen Z vs dinosauri: soluzione militare in Madagascar come in Sahel?

Opposte emozioni africane: Gen Z ad Antananarivo, Odinga a Nairobi, Kagame a Kigali, Samia Suluhu Hassan a Dar es Salaam

Dal Madagscar al Marocco, dal Kenya al Senegal, dall’Uganda al Sahel quell’80% della popolazione nata nel nuovo millennio sta creando il cambiamento e con Freddie Del Curatolo, che dalla sua Nairobi si è spostato a Dar es Salaam per seguire le elezioni, abbiamo messo in relazione le istanze portate dalla Gen Z con l’elefantismo di certi apparati di potere arroccati dietro a irremovibili ultraottantenni emanazioni di famiglie e clan che controllano paesi postcoloniali dall’ondata di indipendentismo degli anni Sessanta.
I ragazzi malgasci parlano di movimento di cittadinanza e popolare, lontano da partiti, contro la corruzione del nepotismo; ai francesi chiedono di non intromettersi né parteggiare per uno o per l’altro. Non pensano sia logico che il movimento sfoci in un partito, anche se vedono delle significative personalità tra loro. L’impegno è finalizzato al movimento e si limita alle richieste di una piazza che ci tiene a mantenere la mobilitazione per la mobilitazione stessa e trova i suoi limiti all’interno delle rivendicazioni. Non gli interessa parlare di rovesciamento del potere, o del sistema; le richieste riguardano pragmaticamente ciò che manca e nel mirino sono essenzialmente le oligarchie corrotte e nepotiste.
Ma quanto ci si può fidare dei cinquantenni del Capsat, la forza d’élite dell’esercito di Antananarivo che ha deposto Rajoelina, unendosi ai manifestanti ma anche dichiarando la presa del potere e Randrianirina si è dichiarato presidente, mescolando la rivolta giovanile con la bandiera di One Piece e un golpe militare assimilabile a quelli del Sahel? Quanto si rischia di intravedere l’ombra lunga di Mosca anche a quelle latitudini nell’Oceano Indiano? Quali differenze si possono riscontrare con la rivolta della Gen Z keniana del giugno 2024?

Soprattutto, è ancora una rivolta della Gen Z, o è un golpe militare del Capsat?
Potrebbe essere entrambi, nel senso che i ragazzi si sentono ancora mobilitati e in grado di infiammare ancora le piazze e i militari li hanno ringraziati, prendendo però il potere, benché a parole per gestire la transizione (un po’ lunga, però: 24 mesi per arrivare a organizzare elezioni).
Freddie Del Curatolo mette sull’avviso del fatto che il livore antifrancese che, grazie all’insipienza di Macron – ma anche all’implosione del controllo postcoloniale francese sui passati protettorati –, il vuoto permetta a potenze come Cina, Russia e Turchia di prendere il posto di Parigi, ma forse questo è endemico in ogni caso di entropia di una supremazia.
Certo il controllo del Madagascar significa piazzarsi in mezzo alle rotte commerciali più importanti attualmente (comprese le costruzioni di ferrovie di collegamento come Lobito), ma le indagini di Freddie nella vicina Tanzania hanno ricevuto soltanto enigmatiche risposte da parte del potere di Dar es Salaam: «I giovani tanzaniani non hanno bisogno di rivolte; stanno bene così»; sarà, ma libertà di stampa e diritti civili sono stati soppressi e alle prossime elezioni del 29 ottobre sono stati squalificati gli oppositori al regime del Ccm di Samia Suluhu Hassan. Un partito al potere dal 1961. Sembra quasi che Uganda, Ruanda, Tanzania guidino le dittature africane che convivono con i paesi in rivolta, in mezzo enormi paesi come Nigeria, Senegal e il Kenya che piange Odinga, un vecchio ammirato per una vita di promesse.


¡Si ya tenemos el premio Nobel de la Paz!
¿Por qué se tardan tanto en declarar la guerra contra Venezuela?

Machado è insignita di un Premio Nobel per la Pace sempre più scollato dal concetto diffuso di Pace, ma rientra a pieno titolo nel novero delle scelte avventate: Abiy Ahmed nel 2019, o l’Unione europea nel 2012, ma prima ancora Obama, o quello del 1994 dato a Rabin, Perez e Arafat, ridicolizzato dal genocidio di Gaza a distanza di 30 anni giusti, infine risalendo indietro fino a Kissinger nel 1973 troviamo il degno predecessore di Corina Machado per il suo impegno golpista e reazionario nel mondo latinoamericano. Infatti tra le motivazioni si legge: «per la sua lotta per raggiungere una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia»… e ritorno alla dittatura.

Proprio il ritorno al famigerato Patto del Punto Fijo, ricordato da Fabrizio Verde nel suo articolo, ci ha spinto a commentare con lui questa svendita agli Usa auspicata da Corina Machado che ha sfilato il Nobel a Trump – per quest’anno – probabilmente perché faceva più gioco lo ricevesse lei, che il giorno prima del conferimento era data al 3% di chance, affinché si suffragasse l’ipotesi di aggredire il Venezuela di Maduro. Non è un caso che Trump si sia contemporaneamente congratulato con la golpista e abbia dato incarico alla Cia di preparare un colpo di stato a Caracas.

Le imbarcazioni affondate e bombardate con pretesti falsi o risibili non si contano più, i morti in mare sono ormai decine, la stretta attorno alle coste bolivariane da parte della flotta US Navy si fa sempre più stretta e il consesso internazionale si genuflette all’Ubu Roi del nostro tempo.


A un certo punto punto si oltrepassa un limite oltre il quale si superano i confini della realtà e si entra nel videogioco della “disumanizzazione”


Esiste certamente un elemento politico perché venga riconosciuto un atto criminale durante il “tempo di guerra”. Abbiamo invitato Eric Gobetti per tentare di circoscrivere una definizione il più oggettiva possibile, non inficiata da giudizi morali o politici, di cosa sia un “crimine di guerra”.

Se vogliamo utilizzare questa analisi nel contesto palestinese, troviamo che in questo caso non si tratta di una guerra, perché non si contrappongono due eserciti e nemmeno è in corso una guerra partigiana; c’è solo un’aggressione che sta uccidendo non solo e non tanto miliziani armati, ma quasi esclusivamente civili inermi che non si possono difendere. In questo caso parliamo di “Crimini di guerra”.

La retorica militare ha inventato il termine “effetti collaterali” per ripararsi dall’accusa, indicando con quella categoria i morti non ricercati dalla forza che li ha causati “senza espressamente volerlo” e qui si scivola su un terreno sdrucciolevole, perché fino a che punto Coventry e Guernica da un lato, o Dresda e Hiroshima dall’altro nella Seconda guerra mondiale non sono invece atti consumati per terrorizzare la popolazione civile? Che dire di Gaza o Sarajevo? Le guerre attuali sono “asimmetriche”, “ibride”… tutti termini inventati per giustapporre ostacoli al giudizio (morale? umano?), sottacendo la possibilità in mano agli eserciti di poter eliminare nemici senza nemmeno vederli, grazie a una tecnologia che non dà scampo agli insorti, ai quali è precluso il confronto ad armi pari, e consente anche di applicare algoritmi che autogiudicano la quantità di “effetti collaterali” tollerabile dal loro campo e questo per diventare “crimine di guerra” ha bisogno che ci si metta d’accordo tra umani sull’intenzionalità e la responsabilità di chi pigia il bottone, o di chi ha fatto la scelta politica di implementare quell’algoritmo?

E qui la risposta non può che essere politica, non può essere super partes. Eric comunque considera eticamente più grave la posizione del politico rispetto all’esecutore… e forse anche noi. Ma a questo punto si oltrepassa un limite oltre il quale si superano i confini della realtà e si entra nel videogioco della “disumanizzazione”.


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