Una nuova tragedia targata Europa

Scritto dasu 13 Maggio 2014

tragedy_in_lampedusa_2102775L’ennesima “tragedia del mare”, come siamo ormai stati abituati a derubricare le periodiche morti di massa prodotte dalle politiche europee sull’immigrazione nel Mar Mediterraneo conta questa volta già 17 morti accertati e oltre un centinaio di dispersi.

Il gioco delle parti tra governo italiano e Unione Europea sulle responsabilità della nuova strage fanno venire il voltastomaco e nascondono la realtà – fatta di potere e soldi – di una divisione europea e gerarchizzata del lavoro di “frontierizzazione” armata del continente, dove lo scopo è appaltare sempre un po’ più a sud il lavoro sporco per gestire masse di emigranti in fuga da guerre, carestie e assenza di prospettive causate dal modello liberista euro-atlantico.

Mentre il gioco a rimpiattino continua, saremo obbligati ad essere ancora innumerevoli volte testimoni di nuove tragedie che hanno però precise responsabilità e contenuti. In fondo si tratta di selezionare, filtrare e gerarchizzare una forza-lavoro senza diritti e infinitamente disponibile allo sfruttamento, utile anche per ricattare, al ribasso, la già debole forza-lavoro del continente.

Sul significato e le responsabilità di questi periodici naufragi, abbiamo scambiato qualche parola con Giacomo dell’associazione di Askavusa di Lampedusa

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Qui il loro ultimo, chiarissimo, comunicato:

Dopo i tanti naufragi di questi anni e la progressiva militarizzazione della gestione delle migrazioni, le tragedie, le emergenze, i naufragi assumono sempre di più un aspetto di giustificazione e gestione economica per chi ha in mano il potere.

Mantenere il caos, la disorganizzazione, la malagestione, sembrano prassi collaudate, più che effetti di una incapacità politica e gestionale.

Cosi a Lampedusa, per tenere in piedi l’affare immigrazione (Tratta di corpi/oggetto) si scaricano su una piccola comunità problematiche internazionali e la disperazione di migliaia di persone. I migranti sono stati nuovamente fatti scendere per pochi minuti in porto e fatti risalire sulla nave di linea che collega Lampedusa a Porto Empedocle. Questo ha provocato un forte ritardo della partenza e un enorme perdita per i pescatori lampedusani che continuamente vedono svalutato il pregiato pescato, per questioni inerenti alle mancanze della compagnia Siremar o in questo caso all’abuso da parte dello stato italiano, dei mezzi che sono predisposti per la vita della comunità di Lampedusa, da troppo tempo depredata di tutto: dalla militarizzazione massiccia dell’isola, che si vorrebbe continuare con l’ampliamento del centro e l’esproprio di alcuni terreni adiacenti al centro, alla continua pressione mediatica che tende a dare una narrazione dell’isola ad uso della politica e di chi fa affari sulla pelle degli ultimi.

Ovviamente ci sono anche delle responsabilità della comunità e dell’amministrazione comunale, che vanno affrontate in modo serio e costruttivo, ma di sicuro l’atteggiamento di scaricare le colpe su chi si trova in condizioni peggiori delle nostre non aiuta, e fa il gioco di chi usa e abusa di Lampedusa. Se non si inserisce l’uso da parte del potere di Lampedusa, in un uso sistematico delle risorse dei territori “Altri” da parte di alcune lobby e di una oligarchia che ha come unica legge il mercato, avremo una lettura miope e distorta di ciò che sta accadendo. Ciò che accade a Lampedusa, accade da secoli, in altre forme, in Africa e in altre zone del pianeta.

Lampedusa ha da offrire la sua posizione strategica, ed il suo essere set teatrale. Basta ripensare a quello che accaduto nel 2011, per rendersi conto di come l’isola possa essere usata per mettere in scena “L’invasione dell’Europa” con poco più di 60 mila persone passate in un anno. Se si trattengono 10 mila persone a Lampedusa come avvenne per i Tunisini nel 2011, ovviamente si creano condizioni e rappresentazioni che non si potrebbero avere se la stessa quantità di persone fosse distribuità in tutta Italia.
Rimandiamo al libro: Lampedusa, lo spettacolo del confine di Paolo Cuttitta per avere ampia descrizione dell’uso “teatrale” che si è fatto di Lampedusa.

Quindi il sistema, da Lampedusa questo prende, la facilità di creare a Lampedusa rappresentazioni ed emergenze, tragedie e apologie. In Africa ha preso schiavi, interi territori, materie prime, progettazione legata alla cooperazione, debito, mercato per la vendita di armi e retorica per pulirsi le coscienze.

Cosi ora i recenti naufragi che non mobilitano le stesse masse di opinionisti, artisti, mass media, etc etc hanno un sapore ancora più amaro, ma nel contempo assumono la stessa funzione delle emergenze e delle tragedie di Lampedusa.

Le parole sono le stesse, che sia un autorità europea a parlare o libica la questione rimane la stessa “Ci servono i soldi”. Il ricatto è sempre legato ai corpi dei migranti, che siano morti o vivi, che siano innalzati a martiri del dirittoumanesimo o declassati a invasori portatori di malattie e povertà, che siano intesi come un problema o una risorsa, raramente riescono a esprimere in prima persona la loro condizione, non sono mai soggetti, sono sempre e solo oggetti, feticci, corpi biologici.

Ciò che chiediamo da tempo è:
Perchè si continuano a fare guerre e produrre armi ?
Perchè si continua a sfruttare i territori del cosidetto “Terzomondo” ?
Perchè non si regolarizzano i viaggi di tutti ?
Perchè i fondi impiegati per costruire e gestire luoghi di reclusione e tortura come i CIE o altri centri del genere non vengono impiegati per costruire strutture nei paesi terzi per avviare le pratiche di richiesta d’asilo ?
Perchè a fronte di viaggi pagati anche 10 mila euro per arrivare in Europa non si concedono più facilmente i visti per lavoro e turismo e si favoriscono viaggi regolari su navi e aerei di linea ?

Queste sono solo alcune domande, ce ne sarebbero altre, ma la risposta crediamo sia sempre la stessa. L’attuale sitema economico liberale/capitalista ha bisogno di questo. Storicamente c’è un filo che lega lo schiavismo, l’nvasione delle americhe, il colonialismo, il razzismo, l’imperialismo e la gestione delle migrazioni contemporanee. La globalizzazione ha accentuato tutte quelle questioni legate allo sfruttamento di classe e dei territori più ricchi di materie prime.

Alla nostra comunità chiediamo di tentare di fare un’analisi generale delle questioni che investono Lampedusa e non fermarsi alla tentazione di scavalcare il muro più basso, cosa che i governanti vogliono e stimolano.
Di cercare una empatia con le classi più deboli che vivono in altre forme i nostri stessi problemi.

A chi ha già riconosciuto il problema in un problema sostanziale di classe e distribuzione delle ricchezze come base di analisi anche per le migrazioni di continuare a percorrere questa strada teorica e di praticare la solidarietà con i migranti, non in quanto tali, ma come portatori di istanze politiche e storiche.

Ai governanti, alle ONG, agli esportatori di diritti umani, a chi sfrutta i lavoratori e i territori, ai capitalsiti, a chi usa le tragedie e Lampedusa per i propri sporchi affari diciamo: “SIETE I NOSTRI NEMICI”


Radio Blackout 105.25

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