Dai “campi nomadi” alle “aree transito”: sul razzismo istituzionale in Piemonte

Scritto dasu 23 Dicembre 2019

Dicembre 2019

Norme in materia di regolamentazione del nomadismo e di contrasto all’abusivismo“, questo il titolo del disegno di legge presentato dalla Lega ed approvato dalla Giunta regionale del Piemonte l’8 novembre. Esso mira a rendere illegali i “campi nomadi”, peraltro voluti e creati alcuni decenni fa dalle stesse istituzioni, ma non certo per migliorare le condizioni di vita delle persone povere etichettate come “rom”, anzi: è oggi l’era delle “aree transito”. Si tratta di non-luoghi dove dal 2020, in tutto il Piemonte, le persone che non possono permettersi un tetto sopra la testa potranno rimanere per un massimo di tre mesi, imponendo ed estremizzando un nomadismo forzato di cui già oggi sono oggetto – attraverso sgomberi quotidiani – migliaia di individui e famiglie povere, in realtà stanziali da secoli.

Nomadismo forzato e repressione estrema. Nelle parole dell’assessore leghista Fabrizio Ricca, che si commentano da sé, in questi nuovi campi 3.0 “la permanenza massima sarà di tre mesi, con impianti di videosorveglianza (…) E chi si fermerà in un campo, non potrà farvi ritorno fino all’anno successivo“. Naturalmente questi nuovi dispositivi di controllo richiederanno documenti in regola e informazioni sul reddito. Così come le targhe, le assicurazioni, le revisioni e la proprietà delle auto. Microchip per gli animali, con vaccinazioni. Ed una smart card per l’accesso: “si dovranno pagare in anticipo le tariffe stabilite dai singoli Comuni, con la cauzione delle prime due mensilità“.

Ed in attesa del 2020, la Sindaca di Torino si porta avanti, riproponendo ciò che definisce il “modello MOI” per i campi cittadini.  Lo prevede un protocollo di intesa fra Comune, Regione, Prefettura e Ministero, firmato il 16 dicembre, che porterà entro la fine dell’anno allo sgombero di parte dei campi in via Germagnano e successivamente di Strada dell’Aeroporto. Con il solito, congruente, business economico: sono già stati stanziati 250 mila euro.

Ne abbiamo parlato con Gianluca Vitale, avvocato dell’Asgi:

 

Novembre 2019

Ancora ruspe e muri in Via Germagnano, a Torino, dove sorgono da anni/decenni diverse baraccopoli-ghetto, vere e proprie città nella città dove trovano un tetto di fortuna i poveri che un tetto non ce l’hanno e non se lo possono permettere. Poveri e sfruttati nell’economia urbana, etichettati come “nomadi”, perché la loro presenza stanziale e visibile non è tollerata dai padroni di questa città.

In queste ultime settimane le ruspe hanno continuato ad abbattere le case ed un altro muro è stato eretto per costruire un’ennesima frontiera urbana ed occultare alla vista la violenza della guerra di classe che si abbatte e si espande in modo sempre più capillare e pervasivo in questa città. Ma alla distopia capitalista non c’è fine ed i giornali a pieni titoli strillano “Rivoluzione nei campi nomadi del Piemonte: dal 2020 tutti in regola e con una smart card per poter accedere“. Con la nuova legge contro-rivoluzionaria in chiave preventiva, le baraccopoli, anche quelle volute e costruite proprio dai Comuni piemontesi negli anni Novanta, saranno illegali.

Siamo statx in via Germagnano per raccogliere una testimonianza sui recenti ed ennesimi sgomberi e sulle sempre più frequenti incursioni sbirresche:

 

Aprile 2019

Ruspe su twitter, manganelli live. Salvini chiama, Appendino risponde. E prima di lei a Torino molti altri meno social, da Chiamparino a Fassino, si sono succeduti nel portare avanti senza sosta una violenta guerra ai poveri “indecorosi”, “pericolosi”, cioè tuttx coloro che con sudore e fatica cercano ostinatamente di sopravvivere in una “società” urbana governata attraverso sfruttamento razziale e sessuale, repressione, ingiustizia. Dove un tetto sulla testa e un tozzo di pane sono sempre più un lusso per pochi.

Si sa che ruspe e manganelli contro “i rom”, i poveri costretti a vivere in baracche,  pagano sempre nella campagna elettorale permanente in cui viviamo. E’ così che si costruisce “la pancia del paese”, il “buon senso” la “normalità fascista” di cui poi ci si erge a portavoce. E così la Sindaca Appendino si è data da fare fin dall’inizio del suo mandato. Obiettivo: radere al suolo le favelas di Torino. Buttando in strada con l’arroganza dei ricchi centinaia di famiglie ed individui che da anni lottano per esistere in questa città con ingegno e tattiche di resistenza attraverso l’invisibilità. Alcunx a Torino ci sono natx. Bianchi ma non troppo, Europei ma di serie Zeta, deportabili sempre tra il Cpr e un foglio di via, sfruttabili alla bisogna nelle economie sommerse della città, mentre si vorrebbe cacciarli anche dal Balon.

Così, dopo lo sgombero manu militari della baraccopoli di corso Tazzoli, che esisteva da almeno 15 anni, dopo quello di via Reiss Romoli, dopo le “bonifiche” (termine quanto mai evocativo) in Strada dell’Aeroporto e innumerevoli altri luoghi – gestite tramite dispositivi di più o meno ordinaria amministrazione – la Sindaca di Torino ordina oggi di radere al suolo il “campo rom” di Via Germagnano, probabilmente il più grande di Torino da quando il PD sgomberò Lungo Stura Lazio con quel progetto di maquillage della storia chiamato “La città possibile”.

I punti ciechi alla base della Democrazia e dello Stato di Diritto si governano con la Polizia. Dopo la distruzione di una parte della baraccopoli a novembre, è di due giorni fa l’abbattimento di tutte le case nella parte iniziale del campo, nel silenzio generale della città. Spaccano i tetti, sfollano i poveri, cancellano le memorie.

Teniamo alta l’attenzione e la presenza alla baraccopoli di via Germagnano. Solidali e complici con chi vive una vita sotto uno sgombero, abbiamo raccolto le voci di alcunx di loro:


Radio Blackout 105.25

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