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La questione della casa è sempre più un’emergenza in tutta la penisola. Chi perde il lavoro spesso perde anche la casa, le case popolari sono poche e riservate a chi ha i requisiti giusti. Perderli è sin troppo facile, basta un nobile inghippo contro l’evasione fiscale per metterti fuori lista. Chi viene pescato a vendere per sbarcare il lunario viene escluso dalla possibilità di avere una casa popolare.
Le risorse pubbliche vengono indirizzate a grandi opere come Tav e grattacieli, che rendono bene sia a chi li fa sia agli sponsor politici. La cura per chi non si rassegna alla povertà e alla strada è la polizia. Ma c’è chi non ci sta e si organizza per resistere agli sfratti e per occupare qualcuno dei 50.000 alloggi sfitti, che tali resteranno perché il mattone serve come garanzia per banche e affari e non importa se è lasciato vuoto.
Dopo la lunga giornata di lotta di martedì anche oggi a Torino i picchetti antisfratto hanno ottenuto due lunghe proroghe (a dicembre e a febbraio), anche a Milano c’è stata resistenza, così come a Parma dove i tre picchetti antisfratto l’hanno spuntata ottenendo proroghe di qualche mese.

Della situazione torinese abbiamo parlato con Alessio Ariotto, uno degli avvocati di movimento che segue le cause per sfratto. Purtroppo la registrazione audio è in parte saltata, vi proponiamo pertanto solo un frammento della chiacchierata che abbiamo fatto.

Delle lotte a Parma ci ha parlato Katia Torri da uno dei tre picchetti antisfratto di questa mattina. Una lunga storia di lotta ed occupazioni (sette nell’ultimo anno) in una città dove gli sfratti sono quotidiani. Una storia iniziata con un gruppo di attivisti decisi e che oggi vede protagonisti gli stessi sfrattati, che partecipano attivamente alla difesa delle case e all’occupazione di quelle nuove per altri che, come già loro, hanno scelto di lottare e resistere.

Oggi lo dicono tutti. Lo dicono tutti che era chiaro sin dal principio che il progetto “Fabbrica Italia” era un grosso bidone. Peccato che due anni fa nessuno degli opinionisti che oggi spandono saggezza sui nostri quotidiani lo abbia detto. Anzi! Il motivo forte che ha messo insieme destra e sinistra è stato quello della salvezza dei posti di lavoro, e quindi della necessità di accettare il ricatto di Sergio Marchionne prima a Pomigliano, poi a Mirafiori. La certezza del lavoro in cambio di tutele, salario, libertà sindacali.
In questi due anni negli stabilimenti si è mangiata disciplina e cassa integrazione, mentre, poco a poco si sta riassorbendo anche l’anomalia Fiom.
Sabato Monti andrà da Marchionne con il cappello in mano. Possiamo azzardare una previsione? Marchionne, una vero genio nell’arte di assorbire risorse pubbliche nei paesi dove ci sono gli stabilimenti Fiat, dall’Italia alla Serbia, passando per il Brasile, anche questa volta non se ne andrà a mani vuote.

Ne abbiamo parlato con Cosimo Scarinzi della CUB.

La Questura di Torino, come pratica ormai consolidata negli ultimi mesi, aveva pensato di mettere in fila una serie di sfratti (12/13 secondo le stime dei compagni) in una sola giornata, per ottimizzare l’utilizzo di celerini messi in campo. Le cose non sono però andate secondo le loro previsioni. Un centinaio di compagni, famiglie sotto […]

Mentre Romney dovrà affrontare le conseguenze delle dichirazioni contenute nel video rubato dall’incontro con i finanziatori dove diceva che non gliene fregava niente dei “poveri-vittime” (il 47 % degli americani) Obama verrà prevedibilmente rieletto soprattutto per la mediocrità dell’avversario. Poco resta infatti delle speranze del “change” grazie alle quali Obama è stato eletto nell’autunno del […]

A partire dalla sua recensione a “Il lavoro autonomo nella crisi italiana”  (link qui) abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Sergio Bologna, che da tempo si occupa di “lavoro autonomo di seconda generazione”, su il lavoro autonomo oggi, la necessità di un ripensamento circa la categorizzazione delle classi sociali nella ricerca scientifica, forme entità dei […]

Esattamente 18 anni fa, la notte tra il 17 e il 18 settembre 1994, a Torino venivano occupati i locali di via Revello 3 per dare vita al CSOA Gabrio, una realtà che fino ad oggi e ancor più negli ultimi anni ha svolto un ruolo importante nel territorio della città e in particolare nel […]

Le informazioni non sono ancora chiare ma pare che, oltre all’accordo bilaterale già esistente tra Italia e Francia per il trasferimento di scorie nucleari da Saluggia a La Hague, recentemente proprio il governo Monti abbia concordato con gli USA di Obama la cessione agli Stati Uniti di altro materiale radioattivo presente nei depositi della cittadina […]

nel pomeriggio di domenica 16 settembre al campeggio no tav di Chiomonte c’è stata un’assemblea popolare per definire alcune delle prossime tappe del movimento è stato definito che il campeggio si trasforma in presidio permanente, mentre continuano le iniziative in valle e non solo ascolta il report di Maria, redattrice di Radio Blackout: assembleanotav16.9

La rete Lenford ha redatto un dossier sulle persone omosessuali in fuga dalle persecuzioni, persecuzioni fissate dalla legge o inscritte in ambiti sociali in cui la discriminazione diviene violenza.
In 76 paesi nel mondo l’omosessualità è considerata reato, in 7 è punita con la pena di morte. Tra le migliaia di persone che ogni anno richiedono la protezione internazionale in Europa c’è anche chi fugge per le persecuzioni subite a causa del proprio orientamento sessuale. Lo spirito della Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, è stato ribadito dall’Unione Europea con la Direttiva Qualifiche del 2004. Questa, all’art. 10, introduce l’orientamento sessuale come motivo di persecuzione. Ed ha anche elaborato, con la Direttiva Procedure del 2005, degli standard procedurali minimi per il rilascio della protezione internazionale. In tutt’Europa, un omosessuale in fuga dall’Iran, dall’Arabia Saudita o da qualsiasi altro Paese in cui l’omosessualità è penalmente perseguita (o per cui è prevista la pena di morte), dovrebbe ricevere il medesimo trattamento. Ma così non è.
Nei vari Paesi le prassi adottate sono non sempre concordi, e in alcuni casi nettamente discutibili. E questo anche in stati, come la Spagna, che hanno legislazioni all’avanguardia sulla tutela dei diritti di omosessuali, bisessuali e transessuali. A metterlo in luce, il rapporto Fleeing Homofobia, indagine comparativa sulla concessione del diritto d’asilo a persone discriminate per il proprio orientamento sessuale e di genere.

Ne abbiamo parlato con Giorgio Di Medico, responsabile dell’Arcigay per i rifugiati e richiedenti asilo in fuga dall’omofobia.
In Italia, in confronto ad altri paesi europei, le commissioni giudicanti in genere concedono l’asilo senza ricorrere a verifiche spesso umilianti.
Peccato che gli uomini e le donne in fuga dall’omofobia raramente giungano di fronte alle commissioni giudicanti, vista la pratica dei respingimenti collettivi in mare per la quale l’Italia ha subito una condanna dal tribunale per i diritti dell’uomo.

C’erano tutti: il vicecapo della polizia, Nicola Izzo, il macellaio che nel marzo 2011 represse il movimento no-global napoletano con botte e torture, il presidente della Provincia Saitta, il sottosegretario all’Interno Carlo De Stefano e procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli, passando per il vice comandante nazionale dei carabinieri.
Al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza ha preso parte un discreto pool di esperti della repressione. Sul tappeto, ancora una volta, il disciplinamento forzato del movimento No Tav, sempre refrattario ad ogni tentativo di normalizzazione. Non è bastata la carota, non è bastato oltre un anno di occupazione militare, controlli, arresti, fogli di via per piegare un movimento, che è ormai divenuto punto di riferimento per l’opposizione in ogni dove d’Italia.
Dal vertice è scaturita la decisione di inviare altri 200 uomini in divisa per sorvegliare le recinzioni in Clarea. Come sempre l’apparato propagandistico che sostiene le operazioni repressive parla di estremisti, di anarchici, di antagonisti, ignorando la realtà: il movimento di opposizione al Tav ha maturato una crescente radicalità, sulle barricate della Libera Repubblica come nella lunga resistenza alla violenza dell’occupazione militare.
Dopo un’estate resistente, si prepara un autunno caldo a Chiomonte, dove la scorsa settimana gli uomini della CMC, la Cooperativa Muratori e Cementieri di Ravenna, hanno fatto capolino al cantiere/fortezza in vista dell’avvio dei lavori. I No Tav si preparano alla resistenza.

Domenica 16 settembre, ultimo giorno di campeggio a Chiomonte, alle 14,30 ci sarà un’assemblea popolare del movimento No Tav.

Il 2 ottobre riprenderà il processo contro i No Tav accusati di aver impedito un sondaggio a Susa nel gennaio del 2010.

Ne abbiamo parlato con Alberto Perino.

“Una protesta al giorno per dare un segnale al governo: non molleremo mai, Alcoa non deve chiudere”. Così i circa 400 operai della multinazionale Usa dell’alluminio con sede a Portovesme hanno replicato alle scarse novità emerse ieri dal confronto fra sindacati, proprietà, istituzioni locali e governo al Mise. Il giorno dopo la rabbia delle tute […]

“Palestina bene comune. Verso uno stato unico nella Palestina storica” è il titolo del documento programmatico di ISM-Italia del luglio 2012. Questa prospettiva viene posta in primo piano rispetto all’illusione “due popoli – due stati” (non a caso sponsorizzata dai governi filoisraeliani), che tra l’altro precluderebbe il diritto al ritorno dei profughi nelle terre di […]


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