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Il ministro del bilancio francese Cahuzac ha dichiarato che il progetto delle linee ad alta velocità che da tempo viene euforicamente sbandierato è stato proposto senza tener conto della situazione finanziaria del paese, e che sarà quindi necessario rinunciare a parte del progetto (che attualmente prevede 14 linee per un totale di 200 km e […]
Monti ha le idee chiare. Un lavoratore – dipendente o a partita IVA – se non serve più va licenziato. Camusso, la segretaria della CGIL ha svolto il suo compito, un compito per il quale il suo e gli altri sindacati di Stati lautamente compensati, con la gestione di TFR, fondi pensione, etc. Oggi il […]
Giovedì 12 luglio sono state consegnate al governo 75.000 firme contro gli F35, i cacciabombardieri di nuova generazione che verranno assembleati nello stabilimento di Cameri, la cui costruzione è ormai avanzatissima.
Ne abbiamo parlato con Domenico Argirò del movimento contro gli F35, di cui riportiamo sotto ujn breve commento:
”
Certo settantacinquemila firme (comprese la mia e quelle di molti altri compagni ed amici) presentate dalle associazioni pacifiste perbene non sono poche: un bel numero di cittadini che si pronuncia contro gli F-35 e contro l’eccesso di spesa per la difesa. Non sono pochi. Ne sarebbero bastati un decimo per rendere indimenticabile la manifestazione di fine marzo contro la fabbrica di F-35 che stanno costruendo a Cameri: la manifestazione “fantasma” che si è svolta il 24 marzo e che ha portato qualche centinaio di persone addosso alle reti che proteggono l’aeroporto militare all’interno del quale Lockheed ed Alenia stanno appunto allestendo la loro bella fabbrica di morte. Quello era un giorno cruciale: dopo poche ore si sarebbero votate diverse mozioni parlamentari riguardanti proprio gli F-35. Ma quel giorno, evidentemente, i pacifisti perbene avevano altro da fare: cosa che è capitata loro spesso nei sei anni di mobilitazione contro gli F-35 nel territorio novarese. Oppure: mettere una firmetta su un foglio va bene, ma impegnarsi in prima persona è più difficile. E certo è difficile far nascere e consolidare in Italia un vero e proprio movimento antimilitarista di massa. Qui a Novara e dintorni si continua nel tentativo di mobilitare le persone (quelle vere, non i manichini messi in piazza da sindacati di stato o associazionismo istituzionalizzato). Qui si continua a dar fastidio. Qui si continua ad essere convinti che la libertà e la dignità bisogna conquistarsele con fatica e non per mezzo di graziose petizioni al principe.”
La sentenza emessa dal tribunale di Torino nei confronti di due No Tav, accusate di resistenza e lesioni per la partecipazione ad una serata di lotta alle reti di Clarea, sebbene si sia conlcusa con la condanna per resistenza di Marianna, rappresenta tuttavia un colpo per le tesi accusatorie delle Procura torinese, che aveva sostenuto con forza la tesi del concorso morale di tutti i partecipanti alle iniziative, indipendentemente dalle azioni individuali.
Per la Procura bastava trovarsi alle reti ed avere strumenti necessari a tutelare la propria salute per essere responsabili persino dello scivolone di un carabiniere!
Per il PM avere con se oggetti il cui possesso è “astrattamente legale” come maschere antigas, guanti e occhiali dimostrava l’intenzione di commettere reati.
Sia Nina che Marianna sono state assolte dal reato di lesioni, mentre Marianna grazie alla testimonianza di ub carabiniere che confonde il nero con il bluette dei sui pantaloni, è stata condannata a 8 mesi.
Una sentenza che potrebbe avere un importante riflesso per l’altro processo ai No Tav, per i quali è cominciata il 6 luglio l’udienza preliminare.
Ne abbiamo parlato con Gianluca Vitale, avvocato del pool No Tav
Dieci persone tra le migliaia che accorsero a Genova nel 2001 per contestare l’autoritarismo e la violenza dell’ordine globale, oggi vedranno confermate o smentite in Corte di Cassazione le pesanti condanne che hanno subito negli scorsi anni per le manifestazioni , gli scontri , la resistenza opposta. I manifestanti rischiano pene incredibili. Una sentenza scandalosa […]
Giunta presto la sentenza nei confronti delle due attiviste No Tav arrestate lo scorso 9 settembre; entrambe assolte dall’accusa di lesioni, Marianna viene condannata ad 8 mesi per resistenza. Dal presidio davanti al Tribunale parte spontaneo un corteo di solidarietà con Marianna e con tutti i No Tav in questo periodo sotto processo, percorrendo le […]
La mattina di sabato 7 luglio a Imperia una quarantina di attivisti per lo più appartenenti al CSA”La talpa e l’orologio” hanno occupato il giardino della sede cittadina della Banca d’Italia, edificio da tempo in disuso, per resistuirlo alla cittadinanza ed avviarvi un orto collettivo. Con encomiabile tempestività nel pomeriggio dello lo stesso giorno la […]
Si è aperto stamattina al Palagiustizia di Torino, il maxiprocesso ai 46 attivisti No Tav per i fatti avvenuti il 27 Giugno e il 3 Luglio scorso, un processo a tutto il movimento. “Assedio al tribunale”, titolano maliziosamente i quotidiani. Ma stamani tutto il movimento si è ritrovato a fianco agli imputati, davanti al tribunale, […]
Riccardo Antonini, è un ferroviere viareggino dipendente delle Fs, nonché membro della Camera del Lavoro da tempo impegnato per la salvaguardia dei diritti dei ferrovieri, all’indomani della “Strage di Viareggio” si impegna come consulente dei familiari delle vittime costituitisi parte civile nel processo che vede ben 38 indagati (fra i quali Mauro Moretti), ha sempre […]
Sgomberato, ieri mattina, con un ingente dispiegamento di polizia e carabinieri lo stabile occupato a Marzo. Lo stabile era abbandonato al degrado da quasi 10 anni (salvo un breve periodo in cui fu utilizzato come centro di accoglienza per immigrati) e, con l’occupazione, gli era stata restituita la “linfa vitale”. Ascolta la diretta con un compagno […]
Nei giorni scorsi la polizia ha arrestato due ultras juventini accusandoli per il pogrom che lo scorso dicembre mandò in fumo le miserabili baracche dove vivevano i rom nel quartiere Le Vallette di Torino.
I due arrestati sono del gruppo “Bravi Ragazzi”, una delle poche formazioni ultas juventine di sinistra.
Ricordiamo i fatti.
L’attacco incendiario che il 17 dicembre ha mandato in fumo il campo rom della Continassa a Torino è l’emblema del disprezzo diffuso verso stranieri e immigrati poveri che si allarga ogni giorno di più. Spesso a farne le spese sono i rom.
Siamo alle Vallette. Un quartiere popolare, di quelli dove campare la vita non è mai stato facile. Da un lato il carcere, la discarica sociale dove tanti nati qui finiscono con trascorrere pezzi di vita; dall’altra parte c’è il nuovo stadio della Juve, dove le tensioni sociali si stemperano tra tifo e ginnastica ultrà.
In questo quartiere si è consumato un pogrom.
Una ragazzina racconta un bugia, uno stupro mai avvenuto, punta il dito su due rom, i rom che vivono in baracche fatiscenti tra le rovine della cascina della Continassa.
In questa bugia è il nocciolo di un male profondo. Una famiglia ossessionata dalla verginità della figlia sedicenne, al punto di sottoporla a continue visite ginecologiche, incarna un retaggio patriarcale che stritola la vita di una ragazza. Lei, per timore dei suoi, indica nel rom, brutto, sporco, puzzolente, con una cicatrice sul viso l’inevitabile colpevole.
In pochi giorni nel quartiere cominciano a girare i soliti volantini anonimi dei “cittadini indignati”. Da anni in città i comitati più o meno spontanei animati da fascisti, postfascisti e leghisti, soffiano sul fuoco, promovendo marce per la legalità, contro lo spaccio, contro gli zingari. Tutte manifestazioni dalla cui trama sottile emerge la xenofobia, la voglia di forca .
La segretaria dei Democratici torinesi, Brangantini, ha preso le distanze dal corteo indetto per “ripulire” la Continassa, ma quella sera sfilava in prima fila. Con lei c’era tanta “brava gente” accecata dall’odio razzista.
All’arrivo dei vigili del fuoco la folla inferocita li ha fermati a lungo. Ci hanno impiegato tutta la notte a spegnere le fiamme che hanno distrutto il campo.
Quando si punta il dito su un intero popolo, quando tutti sono colpevoli perché due sono sospettati di aver stuprato una ragazza, il passo successivo sono le deportazioni, i lager, le camere a gas. La pulizia etnica. Se sei diverso e povero la tua vita diventa sempre più difficile.
L’estendersi del razzismo e della xenofobia allarga una frattura sociale sulla quale si incardina il consenso verso leggi che annullano anche nella forma l’assunto liberale dell’eguaglianza.
I media fanno la loro parte nel creare un clima di emergenza permanente, accendendo i riflettori sugli immigrati, cui cuciono addosso lo stereotipo del criminale.
I fascisti sguazzano in questo pantano, consolidando la propria presenza attiva, specie in certe zone del paese, ma sarebbe miope non vedere che il male, nella sua terrificante banalità, è ben più profondo. Investe a fondo il sentire comune di interi quartieri, anche tra la gente di “sinistra”, come i Bravi Ragazzi della Continassa.
Da anni i pogrom incendiano l’Italia. Bruciano le baracche e corrodono la coscienza civile. Qualcuno agisce, troppi plaudono silenti e rancorosi, certi che saranno più sicuri. Al riparo dalla povertà degli ultimi.
Ne abbiamo parlato con Paolo Finzi della redazione di A, curatore del DVD e libretto “A forza di essere vento” dedicato allo sterminio nazista di rom e sinti.
A tre anni dalla strage di Viareggio un corteo di ventimila persone ha attraversato la città per ricordare le 35 vittime di un disastro del tutto evitabile. Quel giorno del 2009 un treno merci deragliò nella stazione della cittadina della Versilia. Uno dei container era carico di gas, si bucò ed esplose, investendo il quartiere limitrofo alla stazione. Le conseguenze avrebbero potuto essere anche peggiori.
Quello di Viareggio è solo il più grave di una lunga teoria di disastri ferroviari che hanno segnano gli ultimi vent’anni, gli anni dei tagli e dei risparmi. Oltre centomila posti di lavoro persi, chilometri e chilometri di linee chiuse, stazioni deserte o abbandonate, drastica riduzione dei controlli sulle linee e, quindi, anche della sicurezza.
Chi come il macchinista Dante De Algelis mette a disposizione la propria esperienza per i famigliari delle vittime della strage di Viareggio, viene licenziato perché lede l’immagine dell’azienda.
La sua vicenda è approdata per la seconda volta in tribunale proprio in questi giorni.
Ne abbiamo parlato con Maurizio Barsella, ferroviere e sindacalista di base