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Il no profit colpisce ancora. In questo caso è la CSEA, consorzio per lo sviluppo dell’elettronica e dell’automazione, che gestiva corsi per conto dell’ente pubblico. I suoi 280 lavoratori e lavoratrici docenti e non docenti attualmente sono in cassa integrazione e da 4 mesi senza stipendio. E’ un vicenda complessa e non del tutto chiara […]
Si è appena concluso il vertice NATO di Chicago. I ministri della guerra dei paesi dell’Alleanza hanno discusso dell’agenda dell’Alleanza Atlantica, sempre più candidata al ruolo di gendarme mondiale, con o senza l’egida delle Nazioni Unite. In questa prospettiva la NATO si dà una forma flessibile, multipolare, elastica, a rete, per intervenire mobilitando anche gli eserciti di Paesi che all’Alleanza strettamente intesa non hanno mai aderito, dall’Asia Centrale al Nord Africa, passando per l’Europa dell’Est.
Sempre meno un’alleanza che rappresenta un blocco di nazioni, sempre più la tutrice dell’ordine globale nel 21esimo secolo.
Un’alleanza che sembra corrispondere totalmente alle esigenze della Casa Bianca: condividere costi e responsabilità, ottimizzando i benefici.
Si lancia così la parola d’ordine di “smart defense” con oltre 20 progetti multinazionali.
Su questo ombrello “smart” e multipolare, veglierà lo scudo anti missilistico che – si apprende da Chicago – entro il 2015 sarà in grado di difendere i Paesi e le popolazioni dei 28 alleati dalla minaccia crescente di testate di vicini considerati ostili.
In epoca di crisi a Chicago hanno discusso di come fare la guerra spendendo meno, anche se l’ammiraglio Di Paola, il “tecnico” preposto alla Difesa nel governo Monti ha chiarito senza mezzi termini che prima vengono le esigenze della “sicurezza” poi si può parlare di spesa.
Per quanto riguarda il nostro paese la novità più importante riguarda la base di Sigonella, dove verranno collocati cinque droni e altri 600 militari.
A Chigaco hanno discusso anche di Afganistan, confermando il ritiro delle truppe per il 2012, un ritiro che sancisce la sconfitta degli Stati Uniti e dei loro alleati nel paese asiatico, nonostante 11 anni di guerra e occupazione militare feroce, tra torture, detenzioni extragiudiziali, terrorismo sistematico tra la popolazione.
Mentre era in corso il vertice migliaia di attivisti hanno manifestato a Chicago. Al termine della manifestazione la polizia ha caricato gli attivisti che rifiutavano di allontanarsi. Numerosi i feriti, 47 gli arresti.
Del vertice NATO, della guerra in Afganistan, delle nuove strategie di difesa abbiamo parlato con Stefano del Comitato contro Aviano 2000.
Il prossimo sabato si svolgerà ad Arquata una manifestazione contro il terzo valico, indetta dal coordinemento dei comitati no tav, noi terzo valico delle zone di Genova, Alessandria, Tortona, Valenza, Val Lemme, Val Polcevera, Novi.
Il corteo partirà alle 15 da Arquata Scrivia.
Ne abbiamo parlato con Lorenzo, attivista No Tav e buon conoscitore delle ragioni dell’opposizione all’opera.
Ascolta l’intervista:
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Breve scheda informativa
La linea del Terzo Valico parte da Genova , attraversa l’Appennino ed arriva a Novi e Tortona presso i centri logistici esistenti.
E’ lunga53 km, di cui39 kmdi gallerie; attraversa 12 comuni e valli bellissime:
Val Polcevera : si sviluppa perpendicolarmente alla linea di costa a ponente di Genova (zona Pontedecimo, Bolzaneto, Sampierdarena).
Val Lemme (AL) comuni di Voltaggio e Franconalto. Qui esistono già due cunicoli esplorativi. Quello di Voltaggio fu bloccato nel 1998 perché anche il Ministero dell’Ambiente non poté nascondere che in realtà si trattava di una vera e propria galleria. Franconalto è uno dei comuni del Parco delle Capanne di Marcarolo.
Valle Scrivia
In Val Lemme, nell’area Voltri-Ronco Scrivia, nel novembre 2011 la Provincia di Alessandria ha promosso 12 campionamenti alla ricerca di amianto e ha trovato valori molto superiori ai limiti tabellari. Ovviamente questi risultati hanno avuto una diffusione assai limitata.
Il terzo valico termina a Novi e a Tortona dove si interconnette con la linea normale ed i centri logistici già esistenti.
Per il materiale di risulta degli scavi In Liguria sono previste da6 a9 cave e circa 13 nell’alessandrino (tra cui Pontecurone, Isola Sant’Antonio e Bosco Marengo).
Il Cipe, che inizialmente aveva sbloccato 500 milioni di Euro, ha reso disponibile una seconda trance da 1, 2 miliardi per altri 2 lotti (complessivamente i lotti previsti sono 6). Il costo complessivo previsto è di 7 miliardi di Euro.
Ad oggi, solo per progetti redatti e cestinati, sono già stati spesi 300 miliardi di vecchie lire.
La realizzazione del terzo valico è affidata al COCIV (consorzio collegamenti integrati veloci) costituito da
Impregilo (Gavio, Benetton, Ligresti)
Condotte gruppo Ferfina (famiglie Astaldi, Bruno). Una delle imprese di costruzione più vecchie, fondata ancor prima di Bankitalia
CIV
Tecnimont
Tra gli azionisti anche BIIS la Banca Investimenti del Gruppo Intesa guidata fino a poco tempo fa da Mario Ciaccia oggi Vice Ministro alle Infrastrutture
Tra i fautori più infervorati il Senatore Luigi Grillo PDL ligure (condannato in primo grado per la scalata alla banca Antonveneta ed indagato per abuso edilizio nel Parco delle 5 terre).
Il Commissario Governativo per l’opera è Walter Lupi (ex provveditore alle opere pubbliche della Regione Liguria). Condannato in primo grado per aver utilizzato una casa del demanio forestale come seconda casa.
L’opera non è di alcuna utilità.
Le linee ferroviarie attuali sono già 5 ( 2 dei Giovi, 2 alle spalle di Savona e la Voltri /Alessandria) e sono utilizzate solo al 30 % della loro capacità.
Le stesse FS dichiarano che la Voltri/Alessandria vede il passaggio di pochi treni merci pur avendo una capacità complessiva di 504.000 Teu all’anno
Il Teu è l’unita di misura nel trasporto dei container.
Per semplificare si può dire che un container standard di poco più di6 metricorrisponde ad 1 Teu, mentre un container standard di poco più di12 metricorrisponde a 2 Teu.
Le previsioni di traffico si sono sempre dimostrate errate.
Per arrivare al recupero del 15% delle spese sostenute, tutte a carico dello Stato e quindi di noi tutti, si dovrebbero movimentare almeno 4 milioni di Teu all’anno. Ma le cinque linee attuali senza alcun intervento, possono trasportare almeno 2.400.000 container e, con migliorie, addirittura 5 milioni. La situazione attuale (dichiarazione dell’autorità portuale a fine 2011) è di un milione 840 mila container all’anno con livelli pari al 2.007 quando furono 1.855.026 Teu.
È un’opera assurda. Una ferrovia che parte da Genova per collegare il porto della Lanterna con il nord Europa, andandosi a ricongiungere al nuovo traforo svizzero del Gottardo. Solo che i 7 miliardi previsti servono esclusivamente per arrivare fino a Tortona, in mezzo alla pianura Padana! Da Tortona, infatti, i treni torneranno sulla vecchia ferrovia.
Non si sa a che cosa serva. Le Fs, committenti dell’opera, non sanno dire se servirà per i passeggeri (collegamento veloce Genova-Milano) o per le merci. È noto che una ferrovia del genere non si può utilizzare per entrambi i servizi, bisogna scegliere, e sarà fatto dopo aver deciso di spendere i soldi. La stessa commedia della Val di Susa.
I lavori inizieranno con gli interventi di ampliamento e costruzione di strade e nuove vie di adduzione per raggiungere i vari cantieri. Alcuni di questi verranno predisposti, in particolare in Val Polcevera, in Val Lemme, a Serravalle e in adiacenza agli ingressi e uscite dei tunnel, comprese le finestre di Arquata, Voltaggio e Fraconalto. Poi avvio dalla galleria Genova – Aeroporto – Borzoli collegandosi alla strada Borzoli – Scarpino con deviazione dei veicoli fino al raggiungimento di Fegino, dove avrà sede il cantiere dal quale inizieranno gli scavi per la realizzazione delle gallerie.
Chiacchierata a più voci in un villaggio in montagna del Kurdistan Turco, realizzata a fine Marzo 2012. [audio:https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/05/IntervistaVillaggioCompleta.mp3|titles=IntervistaVillaggioCompleta] Scarica il file L’opuscolo con l’intervista – edizione Alpi libere – è disponibile, a Torino, presso la distribuzione di Radio Black out, del centro di documentazione Porfido e del centro di documentazione Senza pazienza (al prezzo di […]
Giorgio, uno dei No tav arrestati il 26 gennaio scorso, dopo una breve permanenza al carcere delle Vallette di Torino, è stato presto trasferito nel carcere speciale di Saluzzo,nella sezione isolamento. Molti dei detenuti nella sezione isolamento si trovano in quella condizione per piccoli reati, e poichè la presunta sezione indagati non c’è nel carcere […]
Abbiamo raggiunto nella sua casa di Parigi Oreste Scalzone per commentare con lui il testo della rivendicazione della F.A.Informale in relazione all’attentato di Genova all’ a.d. di Ansaldo Nucleare Adinolfi. E’ sempre penoso rilevare, in queste occasioni, la trita retorica politica e massmediatica volta a vendere una ricostruzione degli anni della lotta armata come un’epoca di […]
Qui di seguito pubblichiamo un contributo arrivato alla mail informazione@radioblackout.org LAVORATORI PRECARI NELLA RIFORMA MONTI – FORNERO Il lavoro precario, che ormai riguarda l’80% delle nuove assunzioni, e circa 7 milioni di persone (dati Isfol), rappresenta una vera e propria emergenza nazionale, una realtà contrattuale senza tutele e diritti. Ma nonostante ciò, la riduzione drastica […]
I primi dati emersi dal censimento Istat fotografano un paese che in 10 anni è diventato più povero.
Mentre era in corso la conferenza stampa di presentazione del sondaggio decennale, in strada i precari dell’Istat, che avevano lavorato per il censimento, protestavano per essere assunti in modo stabile.
In questi dieci anni sono più che triplicate le famiglie residenti in Italia che dichiarano di abitare in baracche, roulotte, tende o abitazioni simili: 71.101 contro le 23.336 del 2001. Ma la cifra reale è certamente superiore: tanti, specie gli immigrati senza carte, restano invisibili.
Non è invece un paradosso, ma il contraltare speculare di questa “precarietà abitativa”, il fatto che nello stesso periodo il numero delle case “censite” (come sappiamo ce ne sono almeno un paio di milioni “clandestine”) sia aumentato dell’11%.
Ci sono 14.176.371 edifici (dalle palazzine alle ville unifamilairi), l’11% in più rispetto al 2001; mentre gli appartamenti sono 28.863.604, di cui 23.998.381 occupate da residenti (83%), mentre il resto sono “seconde” o terze case, o immobili sfitti. Queste ultime, rispetto al precedente censimento, sono aumentate un po’ meno: solo del 5,8%. In pratica, dunque, abbiamo un aumento delle abitazioni molto più alto di quello della popolazione (la variazione positiva è data soltanto dall’immigrazione), ma al tempo stesso triplicano coloro che vivono in alloggi di fortuna, homeless veri e propri, anche se non clochard. Lavoratori poveri, in genere, che non si possono permettere l’affitto e tantomeno il mutuo.
Anarres ne ha parlato con Francesco Carlizza
Ascolta il suo intervento:
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Emilia di Parma ha invece raccontato dell’ultima occupazione nelle città emiliana, la trentesima in dieci anni. Qualche settimana fa alcune famiglie erano state sgomberate da uno stabile di via Bengasi: le stesse famiglie, coadiuvate dalla Rete Diritti in Casa”, hanno occupato un’altra casa vuota in via Liguria.
Ascolta la cronaca di Emilia:
A quarant’anni dalla morte di Franco Serantini l’assemblea degli Anarchici Toscani ha deciso di organizzare a Pisa, per il 12 maggio, una manifestazione nazionale anarchica.
Oggi più che mai è doveroso riprendersi le piazze e le strade della città con un corteo, forti anche delle ragioni e delle idee per cui Franco lottava.
Quello del 12 maggio non è solo un corteo per tenere viva la memoria della criminalità dello Stato ma per ribadire che pestaggi, torture, uccisioni sono ancora pratica diffusa contro oppositori politici, movimenti sociali e, soprattutto, immigrati, poveri, senzacasa, tossicodipendenti… Nelle strade, nelle carceri, nei CIE
Anarres ne ha discusso con Robertino Barbieri di Pisa:
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Di seguito l’appello per il corteo
SABATO 12 MAGGIO
Pisa – Piazza Sant’antonio – ore 15
Franco Serantini faceva parte del gruppo anarchico Pinelli di Pisa, che aveva sede in via San Martino. La volontà di lottare per una società di liberi e di eguali lo univa ai compagni ed a tanti altri giovani proletari, in una fase di grande fermento sociale; era sicuramente una pagina nuova della sua giovane e difficilissima vita, che aveva conosciuto l’abbandono, l’orfanotrofio e la durezza delle istituzioni.
L’impegno di Franco si dispiegava nelle iniziative sociali di quegli anni, come l’esperienza del “mercato rosso” nel quartiere popolare del CEP, ma anche, in senso specificamente politico, nella campagna contro la strage di Stato, per la difesa della memoria di Pinelli, per la scarcerazione di Valpreda e di altri compagni. Dopo le grandi lotte del ’68 e del ’69, padroni e fascisti cercavano di rialzare la testa rispondendo con la strategia della tensione e sferrando una feroce campagna antianarchica.
Il 5 maggio del 1972 Franco partecipa ad una presidio contro il comizio del fascista Niccolai
Il presidio viene duramente attaccato dalla polizia. Franco viene circondato sul Lungarno Gambacorti da un gruppo di poliziotti del I Raggruppamento celere di Roma, e pestato a sangue. Portato nel carcere Don Bosco, Franco sta male, ma le sue condizioni vengono ignorate, nonostante si aggravino rapidamente. Dopo due giorni di agonia e coma, Franco muore. E’ il 7 maggio 1972.
I suoi funerali vedono una grande partecipazione popolare.
Anno dopo anno, si susseguono le manifestazioni di piazza in sua memoria. Inoltre, a Torino gli viene dedicata una scuola, a Pisa una lapide viene collocata all’ingresso di palazzo Thouar, dove Franco visse nell’ultimo periodo della sua vita. Negli anni nascerà in città la biblioteca a lui intitolata, e nella piazza S. Silvestro, nota a tutti come piazza Serantini, verrà posto un monumento dedicato a Franco, dono dei cavatori di Carrara.
In una situazione sociale e politica come quella che stiamo attraversando, in cui aumenta la stretta della repressione, in cui si giunge persino a parlare di leggi speciali contro gli anarchici, sentiamo la necessità di unirci in un momento di lotta comune.
Per questo gli Anarchici Toscani invitano tutti i compagni a partecipare a livello nazionale alla manifestazione del 12 maggio.
Una manifestazione che porterà in piazza non solo una parte della storia del Movimento Anarchico, ma anche un aspetto importante della memoria della città di Pisa.
A 40 anni di distanza da quei fatti siamo nuovamente di fronte ad un attacco feroce da parte dello Stato e dei suoi apparati repressivi contro ogni manifestazione di dissenso.
Dai recenti arresti ai danni dei compagni e delle compagne del movimento NO TAV che da venti anni si oppone alla costruzione dell’alta velocità in val di Susa, passando per gli innumerevoli episodi di repressione e costante minaccia che gli apparati repressivi operano, ormai quotidianamente, nei diversi contesti di lotta. E accanto alla repressione attuata con manganelli e lacrimogeni, quella pervasiva e diffusa del controllo sociale contro tutti coloro che muovono una critica radicale al paradigma dominante e desiderano sperimentare la praticabilità di un metodo e di un agire basati sulla libertà, sulla giustizia sociale, sull’eguaglianza reale e soprattutto sulla solidarietà.
Perché tutto questo è pratica rivoluzionaria.
La repressione ed il controllo sociale si realizzano massimamente nelle istituzioni totali e nelle strutture detentive. Ecco dunque le politiche razziste e la reclusione e deportazione dei migranti in istituzioni repressive come i CIE; ecco la recrudescenza neofascista, alimentata dalle istituzioni, dalla chiesa, dai padroni. Una violenza che si scatena, come nei casi di Torino e di Firenze, ora contro i rom, ora contro lavoratori senegalesi, ora contro qualsiasi settore sociale marginale.
Si cerca di dividere il fronte degli sfruttati, sempre più esteso a causa degli attacchi alle generali condizioni di vita, alimentando l’odio dello straniero e la rottura di meccanismi di solidarietà.
In questo contesto, per i governi risulta fondamentale rafforzare il razzismo e il fascismo.
Si rende quindi necessario oggi come 40 anni fa combattere con la solidarietà ogni forma di fascismo, razzismo ed esclusione. Per una società che spezzi le catene dei confini fisici e mentali che attualmente ci vengono imposti ed entro i quali ci vogliono costringere.
Facciamo appello a tutti coloro che vorranno scendere in piazza per ricordare Franco Serantini, anarchico, rivoluzionario.
Facciamo appello a tutti coloro che vorranno scendere in piazza contro la repressione, contro il razzismo, contro ogni fascismo.
Per una società di liberi e di eguali.
Anarchici Toscani
per contatti e adesioni: anarchicitoscani@autistiche.org
Il prossimo 28 aprile si svolgerà a Reggio Emilia un convegno sugli Arditi del popolo.
Il convegno si svolgerà in via Dom Minzoni dalle 15.
Interverranno Luigi Balsamini, Antonio Zambonelli e Marco Rossi.
Ne abbiamo parlato con Marco Rossi, autore di “Arditi non gendarmi!”
Ascolta l’approfondimento:
Di seguito l’estratto di un articolo di Marco comparso su Arivista:
Le battute d’arresto e i rovesci che i fascisti subirono avvennero quasi sempre in contesti urbani (Roma, Bari, Parma…) dove la moderna classe operaia, reduce dall’esperienza dell’occupazione delle fabbriche, e il combattentismo rivoluzionario poterono opporre “guerra alla guerra” trasformando le strade e i quartieri in campi trincerati, difesi da solidali moltitudini popolari, tanto che si dovette ricorrere alle artiglierie, alle autoblindo e persino agli aerei.
Per questi motivi, l’isolamento e il controllo politico imposto agli Arditi del popolo dai partiti socialista, repubblicano e comunista, costituì oggettivamente un grave fattore di indebolimento dell’antifascismo, in quanto l’arditismo popolare era in grado di contrastare con efficacia – ossia in termini militari e di massa – «la più atroce e difficile guerriglia che classe operaia abbia mai dovuto combattere» (come ebbe a definirla Gramsci). […] Sarebbe occorsa, come scrisse Malatesta da vecchio insurrezionalista, una «resistenza energica, metodica, organizzata contro la violenza avversaria». […] Invece, di fronte a tale inedita sistematica aggressione prevalse una sorta di fuga dalla realtà: «erano tutti d’accordo – secondo le parole di Emilio Lussu – nel valutare la violenza fascista come antistorica: non bisognava dunque contrapporre ad essa un’altra violenza antistorica, ma attendere il crearsi dell’ambiente favorevole ad una violenza storica».
[…] La direzione del Partito socialista aveva preso presto le distanze dagli Arditi del popolo, malgrado le sincere simpatie manifestate dalla base, quali risultavano dalle pagine dell’«Avanti!»; ma tale decisione politica si rivelò ancora più grave con l’accettazione del cosiddetto Patto di pacificazione che il 2 agosto, nello studio romano del presidente della Camera De Nicola, venne unitamente sottoscritto dal Partito socialista, dalla Confederazione generale del lavoro e dai Fasci, e condiviso dall’Associazione nazionale combattenti, dal Partito popolare e dalla direzione di quello repubblicano. Il cosiddetto patto di Roma, infatti, all’art. 5 recitava: «Il PSI dichiara di essere estraneo all’organizzazione e all’opera degli Arditi del popolo, come del resto risulta già dallo stesso convegno di questi che si proclamano al di fuori di tutti i partiti». A distanza di pochi anni, Nenni molto lucidamente definì il Trattato «un grave errore di valutazione» persino «grottesco se si pensa che il Partito nello stesso momento, rifiutava qualsiasi intesa coi gruppi antifascisti».
Al contrario, l’organo dei Fasci poteva esprimere la propria soddisfazione: «gli arditi del popolo, i quali ormai sconfessati da repubblicani, da comunisti e dai socialisti, dovranno rapidamente concludere la loro breve ed ingloriosa carriera».
Quattro giorni dopo la firma del Patto di pacificazione pure il Partito comunista, attraverso un comunicato dell’Esecutivo datato 7 agosto, si “chiamava fuori” minacciando i «più severi provvedimenti» per i militanti comunisti che avessero fatto parte degli Arditi del popolo, lasciando questi ultimi in un sempre più pesante isolamento, specie dopo la dissociazione del Partito repubblicano avvenuta alla fine di luglio.
Il discorso è diverso per il movimento anarchico che, invece, respinse decisamente ogni ipotesi di pacificazione, continuando a sostenere gli Arditi del popolo. Sino ad allora, a differenza degli altri raggruppamenti politici, gli anarchici non avevano sentito l’esigenza di dare vita a proprie strutture di difesa, in quanto la loro prassi era già improntata ad una lunga consuetudine di azione diretta e organizzazione semi-legale; ma la comparsa dell’arditismo popolare rappresentava per loro un’occasione per dare impulso all’iniziativa rivoluzionaria.
[…] Pur risultando l’unica realtà del movimento di classe ad appoggiare sino all’ultimo gli Arditi del popolo – come attestato dai comunicati dell’Associazione regolarmente ospitati sia su «Umanità Nova» che sulla stampa libertaria in genere – anche in seno all’anarchismo vi fu un dibattito in merito, a causa soprattutto della struttura militarista (disinvoltamente accettata da molti anarchici di tendenza individualista e antiorganizzatrice), ma anche per la sua composizione non esclusivamente proletaria (vista invece con diffidenza dai comunisti anarchici). L’esistenza di alcune divergenze teoriche si può intuire da un articolo pubblicato, in data 20 luglio 1921, su «Il Seme», settimanale livornese dell’Uniona anarchica italiana, di cui si riporta uno stralcio: «Chi sono cotesti Arditi del popolo? Sento già questa domanda affiorare alle labbra di qualcuno di quei compagni ingenui o forse troppo puritani, che vedono dappertutto l’incoerenza che nuoce ai principi della incorruttibile Anarchia nostra […] La rivoluzione non si affretta leggendo filosofia o scrivendo articoli di giornale, ma scendendo sul terreno dell’azione. Ed era l’ora. Anche l’anarchismo divenuto troppo giornalaio minacciava di irretirsi di rinunce, e troppo lasciava correre imponendosi un pericoloso isolamento […] Possiamo adunque pensare che gli Arditi del popolo, sorti dalla fraterna riconciliazione dei rivoluzionari romani, sono sangue del nostro sangue e carne della nostra carne. Dobbiamo aiutarli, incoraggiarli, imitarli». In un altro articolo, seppure favorevole agli AdP, pubblicato su «Il Libertario» del 21 luglio, veniva premesso che «Noi, lo si sa, non abbiamo troppe simpatie per l’apparato militaresco e per la sottomissione e disciplina che consegue all’organizzazione di questi eserciti proletari».
Nel 1922, a Roma, probabilmente per rafforzare la difesa delle proprie sedi e manifestazioni, i preesistenti Nuclei libertari «Arditi Anarchici» costituirono il 1° battaglione «Arditi Anarchici» e fu avviata la formazione del 2° e del 3°, come si apprende dagli articoli pubblicati nella cronaca romana di «Umanità Nova» del 21 e 28 ottobre. Da un fonogramma della questura di Roma al Ministero dell’Interno, in data 14 novembre, si apprende della perquisizione e dell’arresto di Raffaele De Angelis, ritenuto uno dei principali organizzatori dei «Nuclei giovanili arditi anarchici».
[…] Numerosi furono i militanti anarchici, sia di tendenza individualista che comunista, promotori dell’organizzazione ardito-popolare e con responsabilità di comando in essa, ad iniziare dalla sezione romana con A. Paolinelli, A. Eluisi, V. Santarelli, R. Gentilezza, C. Mannarelli, G. Gallinella, A. Di Giacomo, N. Rita, A. Mastrosanti, U. Piermattei, S. Stagnetti, G. Luzzi e, in provincia, Del Prete a Genzano e V. De Fazi a Civitavecchia. Altri anarchici con ruoli dirigenti furono A. Del Sole a Orte (Vt); P. Ranieri a Tavernelle (Pu); A. Cieri a Parma; G. Tenaglia, P. Tripol, A. Poggiani e M. Camin a Trento; I. Margherita a Torino; M. Corona a Vercelli; N. Prina a Gattinara (Vc); E. Lelli a Bologna; E. Canzi a Piacenza; P. Binazzi a La Spezia; U. Marzocchi a La Spezia e a Savona; G. Del Freo e G. Raffaelli a Montignoso (Ms); R. Sarti e A. Raspini a Firenze; V. Mazzoni, O. Buoncristiani, R. Corucci e A. Fontana a Pisa; A. Consani, V. Recchi e L. Filippi a Livorno; T. Eschini a Pistoia; G. Lessi a Piombino (Li). Molti anche gli anarchici che, militando negli AdP, rimasero uccisi, tra i quali: A. Baldasseroni, F. Nardi e F. Filippetti a Livorno; S. Rossi a Castagneto Carducci (Li); L. Landi, A. Lucarelli, G. Morelli a Piombino (Li); C. Fava e A. Puzzarini a Parma; Nello Rossi a Rimini, F. Raffaelli a Terni (Pg); R. Semenzato a Dolo (Ve); G. Bonci a Spello (Pg); C. Comaschi a Cascina (Pi).
[…] L’intransigenza dell’Unione sindacale italiana era nota allo stesso Mussolini che, nel 1920, commentando un progetto insurrezionale “dannunziano”, ebbe ad osservare: «Bisogna dunque fare il possibile perché la fulminea marcia su Roma non sia complicata da uno sciopero generale […] Ora, per evitare lo sciopero generale o analoghi movimenti di masse e per non essere costretti a reprimerli, occorre, se non convincere i capi, dividerli: il che disorienterà le masse stesse.
Non si può contare sulla Unione sindacale italiana, ma si può contare, sino un certo punto, sulla Confederazione Generale del Lavoro».
Per la sua attività l’USI subì innumerevoli distruzioni e l’uccisione di numerosi militanti: tra le Camere del lavoro e le sezioni dell’organizzazione “anarco-sindacalista” devastate od occupate dagli squadristi, in camicia nera o in uniforme, vi furono quelle di Milano, Varese, Suzzara, Monastero, Brescia, Crema, Mantova, Piacenza, Rovereto, Vicenza, Bologna, Ferrara, Imola, Parma, Modena, Genova, Sampierdarena, Sestri Ponente, Savona, La Spezia, Firenze, Arezzo, Pisa, Carrara, Lucca, Viareggio, Livorno, Pistoia, Piombino, San Giovanni Valdarno, Castelnuovo dei Sabbioni, Terni, Fano, Roma, Andria, Taranto, Cerignola, Minervino Murge, Iglesias, nonché quelle di Bari e Verona, da poco fuoriuscite dall’Unione.
Il prefetto di Genova, legittimando l’invasione fascista della Camera del lavoro di Sestri Ponente, difesa anche dagli Arditi del popolo, sottolineò che questa «non è socialista ufficiale, ma sindacalista anarchica comunista ed ha sempre dato motivo a pericolo di disordini per suo carattere violento e rivoluzionario».
Il 7 gennaio 1925 il prefetto di Milano decretò lo scioglimento definitivo dell’USI su tutto il territorio nazionale in quanto «organizzazione sovvertitrice e antinazionale», anche se poi questa avrebbe continuato a operare in clandestinità e all’estero.
La testimonianza di Enrico Triaca, uno dei primi torturati “sistematici” da parte della “squadretta” capeggiata da Nicola Ciocia, noto alle vittime con il nome di dott. De Tormentis. E’ il 1978, quando Enrico, considerato il “tipografo” delle BR viene incappucciato e di lui si perdono le tracce per circa un mese, diventando letteralmente un desaparecido. […]
Nel dicembre del 1969 Paolo aveva appena compiuto diciottanni.
Dopo la strage alla banca dell’Agricoltura – 17 morti e 88 feriti – fu tra le centinaia di anarchici condotti in questura per l’interrogatorio.
Lui tornò alla sua casa, Pino Pinelli no.
Venerdì 20 aprile ore 21
nella sede della federazione anarchica torinese
in corso Palermo 46
Incontro con Paolo Finzi
Prima dell’incontro verrà proiettato il breve film di Elio Petri
“Tre ipotesi sulla morte di Pinelli”
con Gian Maria Volonté, Giancarlo Dettori, Renzo Montagnani.
Testimone e protagonista di quegli anni, Paolo ci racconterà una storia che ha lasciato un segno indelebile nella sua vita.
Ascolta la chiacchierata con Paolo a radio Blackout