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Le compagnie aeree di mezza Europa, su ordine di Israele, bloccano alla partenza centinaia di attivisti che si dirigevano in Palestina. Ne parliamo con Germano Monti, portavoce del coordinamento Freedom Flotilla. [audio:https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/04/Germano-Monti.mp3|titles=Germano Monti] Scarica il file
Ascolta la diretta con Maurizio: [audio:https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/04/Maurizio-No-Tav-16-04.mp3|titles=Maurizio No-Tav 16-04] Scarica l’audio della diretta Ascolta la diretta con Nicoletta: [audio:https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/04/Nicoletta-No-Tav-16-04.mp3|titles=Nicoletta No-Tav 16-04] Scarica l’audio della diretta
Il ministro/ammiraglio Di Paola ha presentato la legge delega per la riforma militare. Tradotto dal formale al concreto significa che la proposta del ministro non è che un canovaccio genericissimo sul quale il governo vuole una delega in bianco. L’ex comandante militare della Nato ha parlato di “una riforma strutturale, profonda che nasce dall’esigenza di tener conto del nuovo scenario internazionale pur nell’ambito della difficoltà di reperire risorse finanziarie” dovuta alla crisi.
La riforma prevede una riduzione del personale – civile e militare – della Difesa e un incremento nelle spese per armamenti e “missioni all’estero”. Gran clamore ha fatto la notizia che l’Italia acquisterà “solo” 90 cacciabombardieri F35, anziché i 135 previsti inizialmente. Peccato che la spesa non diminuirà, perché l’aumento contestuale del costo di questi aerei fa sì che il costo per la collettività resti invariato.
Per quanto riguarda la riduzione di costo per il personale siamo di fronte al classico gioco delle tre carte: sposto di qua, sposto di là e alla fine non sai dove ho messo la carta con il fante in tenuta di guerra. Ormai da molti anni le forze armate sono impiegate sul fronte interno: militarizzazione di zone colpite da alluvioni e terremoti, sorveglianza di strade e centri di detenzione, utilizzo nelle aree dichiarate strategiche, per bloccare le lotte sociali e territoriali contro discariche, inceneritori, Tav. I costi della guerra interna vengono spostati su altri dicasteri, ma, il risultato non cambia. Anzi. Nei prossimi anni dobbiamo attenderci un sempre maggiore attivismo sul fronte “interno”.
C’è una effettiva riduzione del personale inoperativo, ma la spesa nemmeno in questo caso si riduce perché le risorse vengono spostate per rendere più mortalmente efficaci i nostri “ragazzi” in gita di guerra all’estero.
È previsto anche una sorta di ruolo imprenditoriale delle forze armate nell’acquisto e vendita di sistemi d’arma. Non più solo la cessione di vecchie armi da rottamare, ma commercio delle ultime e più sofisticate tecnologie di morte.
Ne abbiamo parlato con Stefano Raspa del Comitato contro Aviano 2000 di Pordenone.
Questa sezione verrà costantemente aggiornata con le condizioni di salute di Luca. La stampa mainstream ha diffuso in questi giorni notizie false su chi è Luca: seguendo questo link puoi ascoltare una sua intervista alla trasmissione de La 7 ‘Piazza Pulita’, dove Luca spiega le ragioni del No-Tav. Aggiornamenti sulla salute di Luca Giovedì […]
“L`azienda sapeva che le bombolette erano pericolose” Caso La Fumet. Nell`inchiesta spunta l`ipotesi del dolo. Sino al 2010 le bombolette integre o quasi e per qualche ragione da smaltire venivano spedite in uno stabilimento tedesco che provvedeva a trattarle. Quell`anno un operaio morì per uno scoppio durante la lavorazione e i tedeschi posero una condizione […]
La partita sul lavoro sta arrivando alle strette finali. Sul piatto il disciplinamento definitivo dei salariati – l’articolo 18 – e l’erosione degli ammortizzatori sociali.
Anarres ne ha discusso con Pietro Stara.
Un’analisi che ha travalicato la contingenza per investire gli ultimi vent’anni, vent’anni nei quali si è ridefinito il ruolo e lo status dei maggiori sindacati, che, dopo la stagione concertativa, stanno, non senza conflitti e difficoltà, passando ad un ruolo di vera e propria complicità.
La propensione genetica a farsi Stato dei maggiori sindacati italiani, Cgil, Cisl, Uil, pur nettamente inscritta nel loro DNA, si accentua alla boa tra gli anni ’70 e ’80. L’autorganizzazione operaia, l’autonomia reale dei soggetti sociali che avevano segnato il ritmo tra il ’69 e il ’79 cede il passo alla vischiosa palude degli anni ’80.
Il sindacalismo di stato, la cui natura è ben dimostrata dalla continua osmosi dei suoi maggiori dirigenti a cariche direttive nelle aziende pubbliche, smessa la veste di regolatore del conflitto sociale che ne aveva caratterizzato l’azione sin dal secondo dopoguerra, di fatto si è trasformato in azienda di servizi ed interfaccia dell’apparato statale verso i lavoratori.
Il sindacalismo di Stato è tale perché sostituisce un chiaro interesse di parte, quello delle classi sfruttate, con l’interesse “generale”, ben descritto dalla formula della “responsabilità verso il Paese”. Si va dal “compromesso socialdemocratico” alla cogestione dei meccanismi di controllo della conflittualità del lavoro.
Il sindacato, che pure era stato determinante nel sopire le spinte anticapitaliste in cambio di diritti, garanzie, salario diviene elemento decisivo nell’ammortizzazione di ogni forma di conflitto foss’anche di mera difesa delle briciole di libertà e reddito strappate dalle lotte dei lavoratori.
La vicenda dei fondi pensione ben esemplifica l’attitudine dei sindacati concertativi a porsi come veri collettori e distributori di risorse economiche.
I sindacati “di stato” hanno allargato sempre più la loro sfera di influenza e il loro ruolo di mediatori e narcotizzatori del conflitto sociale. Chi si chiede perché Roma non si accende come Atene, chi si chiede quale è il limite di sopportazione dei lavoratori del nostro paese, deve tenere conto che in Grecia l’autonomia della società civile, la capacità di autorganizzazione, ha mandato in soffitta ogni spinta alla delega a partiti e sindacati di “sinistra”.
Ad Atene come a Roma governano i tecnici voluti dalle banche, dall’UE, dal Fondo Monetario, dalla governance mondiale che salta ed elude le istanze locali, foss’anche quelle dello Stato/nazione.
Ma a Roma, seduta al tavolo con Monti c’è Camusso. E poco, indietro, Angeletti e Bonanni.
La palla è in mano ai lavoratori. Spetta loro comprendere che la partita è truccata, che tutti i campionati sono truccati da anni, che i capitani delle squadre vanno a cena negli stessi ristoranti
Mercoledì 14 marzo. Incontro tra il ministro del welfare Fornero e CGIL, CISL; UIL e UGL su ammortizzatori sociali e articolo 18.
Il giorno precedente Fornero – a margine di un convegno alla Farnesina – aveva dichiarato che, senza l’accordo preventivo dei sindacati, non era disponibile a mettere sul tavolo una “paccata di miliardi” per gli ammortizzatori sociali. Una sorta di ultimatum ai sindacati.
Il 14 marzo invece Fornero garantisce che i soldi per gli ammortizzatori ci sono e che non verranno prelevati dalla previdenza.
Nei fatti l’intera trattativa verte su un sussidio da fame (tolto a pensioni, cassa integrazione e mobilità) e su licenziamenti più facili, giustificati per motivi “economici” e “disciplinari”.
Niente “paccata di miliardi”, solo tanto fumo per non far vedere che l’arrosto se l’è già mangiato qualcun altro. Mettere l’accento solo sull’articolo 18 rischia di nascondere la decisiva partita sugli ammortizzatori sociali.
Se il compromesso su questo tema fosse dignitoso – anche se al ribasso – Camusso potrebbe alzarsi dal tavolo delle trattative indossando la sua brava foglia di fico.
La “flessibilità in uscita”, l’equivalente in neolingua della “libertà di licenziare”, non è la sola richiesta di Governo e Confindustria. Anche la “flessibilità in entrata” diventa elemento di trattativa, dove la maggiore liberalizzazione delle assunzioni viene mascherata con la riduzione delle tipologie contrattuali precarie. Di fatto siamo di fronte alla definitiva precarizzazione del lavoro in entrata: tutti uguali, tutti apprendisti. Magari a vita.
La riforma degli ammortizzatori sociali mira a dare altro nome a cassa integrazione e indennità di disoccupazione, ma i soldi per fare questa operazione saranno meno di quelli che servono con le norme attuali.
I lavoratori, soprattutto su quelli di aziende che chiudono o che si ristrutturano, sopportano e sopporteranno sempre più il peso ed i costi della crisi, mentre si regalano soldi alle aziende e si prestano soldi alle banche con interessi risibili. Così le stesse banche possono investire sul debito pubblico e ricavarne guadagni enormi.
Ne abbiamo parlato con Stefano Capello della CUB:
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Sabato 10 marzo. In piazza Castello le femministe della Casa delle donne, legate a filo doppio all’amministrazione di centro sinistra della città, disertano l’appuntamento. Le donne No Tav con il loro striscione “partigiane della Val Susa” sono la maggioranza delle circa 400 persone che lentamente percorrono via Roma per raggiungere la Stazione di Porta Nuova blindata dalla polizia.
Niente mimose ma grandi mazzi di prezzemolo, per evocare il passato che sta tornando, con lo spettro reale degli aborti clandestini. In Piemonte presto nei consultori ci saranno i volontari del movimento per la vita, mentre Cota promette soldi a chi non abortisce.
Le donne No Tav, ricordando le sentenze che definiscono “lieve” lo stupro di gruppo, scandiscono lo slogan “la violenza sulle donne cosa vuoi che sia, in Val Susa la fa la polizia”.
Prendendo spunto da questa giornata di lotta abbiamo fatto una chiacchierata con Martina Guerrini, femminista libertaria livornese, autrice di una ricerca sulle stereotipie di genere:
Venerdì 9 Marzo circa 200 precari dei movimenti per il diritto all’abitare hanno messo in atto una protesta pacifica occupando l’androne ed il tratto di strada antistante il CIPE (comitato interministeriale per la programmazione economica), che proprio quel giorno approvava ulteriori finanziamenti a compensazione per la TAV. 1 km di TAV = 1000 case popolari […]
“Portare la Val Susa anche in città” questo è stato ed è lo slogan di tutti i movimenti solidali al movimento No Tav. Ed effettivamente così è stato nei giorni scorsi. Oggi lo stesso slogan è stato preso alla lettera anche dalle Forze dell’ordine che hanno militarizzato la zona di porta palazzo sin dalle prime […]
Interventi della giornata di oggi, Domenica 4 Marzo…la protesta continua, dopo le manifestazioni di Sabato e Giovedì. Oggi il programma prevede: – Domenica 4 marzo ore 12.00 Giaglione campo sportivo polentata ore 14.00 passeggiata verso la val Clarea Ore 20.57 … Diretta dalla Clarea dove Turi si è arrampicato […]
Radio Blackout presenta un live imperdibile! Sabato 22 Marzo al Csoa Gabrio dalle 23 l’unica data italiana di Moe Kalamity & the Wizards! Monica Tavares meglio conosciuta come Mo’ Kalamity vive a Parigi. Originaria di Capo Verde, un arcipelago africano situato in mezzo all’Oceano Atlantico, è una cantante Reggae Roots. La sua voce vellutata e […]