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La mattina di sabato 7 luglio a Imperia una quarantina di attivisti per lo più appartenenti al CSA”La talpa e l’orologio” hanno occupato il giardino della sede cittadina della Banca d’Italia, edificio da tempo in disuso, per resistuirlo alla cittadinanza ed avviarvi un orto collettivo. Con encomiabile tempestività nel pomeriggio dello lo stesso giorno la […]
Si è aperto stamattina al Palagiustizia di Torino, il maxiprocesso ai 46 attivisti No Tav per i fatti avvenuti il 27 Giugno e il 3 Luglio scorso, un processo a tutto il movimento. “Assedio al tribunale”, titolano maliziosamente i quotidiani. Ma stamani tutto il movimento si è ritrovato a fianco agli imputati, davanti al tribunale, […]
Riccardo Antonini, è un ferroviere viareggino dipendente delle Fs, nonché membro della Camera del Lavoro da tempo impegnato per la salvaguardia dei diritti dei ferrovieri, all’indomani della “Strage di Viareggio” si impegna come consulente dei familiari delle vittime costituitisi parte civile nel processo che vede ben 38 indagati (fra i quali Mauro Moretti), ha sempre […]
Sgomberato, ieri mattina, con un ingente dispiegamento di polizia e carabinieri lo stabile occupato a Marzo. Lo stabile era abbandonato al degrado da quasi 10 anni (salvo un breve periodo in cui fu utilizzato come centro di accoglienza per immigrati) e, con l’occupazione, gli era stata restituita la “linfa vitale”. Ascolta la diretta con un compagno […]
Nei giorni scorsi la polizia ha arrestato due ultras juventini accusandoli per il pogrom che lo scorso dicembre mandò in fumo le miserabili baracche dove vivevano i rom nel quartiere Le Vallette di Torino.
I due arrestati sono del gruppo “Bravi Ragazzi”, una delle poche formazioni ultas juventine di sinistra.
Ricordiamo i fatti.
L’attacco incendiario che il 17 dicembre ha mandato in fumo il campo rom della Continassa a Torino è l’emblema del disprezzo diffuso verso stranieri e immigrati poveri che si allarga ogni giorno di più. Spesso a farne le spese sono i rom.
Siamo alle Vallette. Un quartiere popolare, di quelli dove campare la vita non è mai stato facile. Da un lato il carcere, la discarica sociale dove tanti nati qui finiscono con trascorrere pezzi di vita; dall’altra parte c’è il nuovo stadio della Juve, dove le tensioni sociali si stemperano tra tifo e ginnastica ultrà.
In questo quartiere si è consumato un pogrom.
Una ragazzina racconta un bugia, uno stupro mai avvenuto, punta il dito su due rom, i rom che vivono in baracche fatiscenti tra le rovine della cascina della Continassa.
In questa bugia è il nocciolo di un male profondo. Una famiglia ossessionata dalla verginità della figlia sedicenne, al punto di sottoporla a continue visite ginecologiche, incarna un retaggio patriarcale che stritola la vita di una ragazza. Lei, per timore dei suoi, indica nel rom, brutto, sporco, puzzolente, con una cicatrice sul viso l’inevitabile colpevole.
In pochi giorni nel quartiere cominciano a girare i soliti volantini anonimi dei “cittadini indignati”. Da anni in città i comitati più o meno spontanei animati da fascisti, postfascisti e leghisti, soffiano sul fuoco, promovendo marce per la legalità, contro lo spaccio, contro gli zingari. Tutte manifestazioni dalla cui trama sottile emerge la xenofobia, la voglia di forca .
La segretaria dei Democratici torinesi, Brangantini, ha preso le distanze dal corteo indetto per “ripulire” la Continassa, ma quella sera sfilava in prima fila. Con lei c’era tanta “brava gente” accecata dall’odio razzista.
All’arrivo dei vigili del fuoco la folla inferocita li ha fermati a lungo. Ci hanno impiegato tutta la notte a spegnere le fiamme che hanno distrutto il campo.
Quando si punta il dito su un intero popolo, quando tutti sono colpevoli perché due sono sospettati di aver stuprato una ragazza, il passo successivo sono le deportazioni, i lager, le camere a gas. La pulizia etnica. Se sei diverso e povero la tua vita diventa sempre più difficile.
L’estendersi del razzismo e della xenofobia allarga una frattura sociale sulla quale si incardina il consenso verso leggi che annullano anche nella forma l’assunto liberale dell’eguaglianza.
I media fanno la loro parte nel creare un clima di emergenza permanente, accendendo i riflettori sugli immigrati, cui cuciono addosso lo stereotipo del criminale.
I fascisti sguazzano in questo pantano, consolidando la propria presenza attiva, specie in certe zone del paese, ma sarebbe miope non vedere che il male, nella sua terrificante banalità, è ben più profondo. Investe a fondo il sentire comune di interi quartieri, anche tra la gente di “sinistra”, come i Bravi Ragazzi della Continassa.
Da anni i pogrom incendiano l’Italia. Bruciano le baracche e corrodono la coscienza civile. Qualcuno agisce, troppi plaudono silenti e rancorosi, certi che saranno più sicuri. Al riparo dalla povertà degli ultimi.
Ne abbiamo parlato con Paolo Finzi della redazione di A, curatore del DVD e libretto “A forza di essere vento” dedicato allo sterminio nazista di rom e sinti.
A tre anni dalla strage di Viareggio un corteo di ventimila persone ha attraversato la città per ricordare le 35 vittime di un disastro del tutto evitabile. Quel giorno del 2009 un treno merci deragliò nella stazione della cittadina della Versilia. Uno dei container era carico di gas, si bucò ed esplose, investendo il quartiere limitrofo alla stazione. Le conseguenze avrebbero potuto essere anche peggiori.
Quello di Viareggio è solo il più grave di una lunga teoria di disastri ferroviari che hanno segnano gli ultimi vent’anni, gli anni dei tagli e dei risparmi. Oltre centomila posti di lavoro persi, chilometri e chilometri di linee chiuse, stazioni deserte o abbandonate, drastica riduzione dei controlli sulle linee e, quindi, anche della sicurezza.
Chi come il macchinista Dante De Algelis mette a disposizione la propria esperienza per i famigliari delle vittime della strage di Viareggio, viene licenziato perché lede l’immagine dell’azienda.
La sua vicenda è approdata per la seconda volta in tribunale proprio in questi giorni.
Ne abbiamo parlato con Maurizio Barsella, ferroviere e sindacalista di base
Il 6 luglio comincia il processo a 46 No Tav accusati di aver partecipato alla resistenza allo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena il 27 giugno 2011 e all’assedio al fortino del 3 luglio. Tre di loro sono ancora in carcere dal 26 gennaio, quando scattò l’operazione della Procura torinese.
Il giudice dell’udienza preliminare deciderà del rinvio a giudizio e sulle imputazioni proposte dal GIP.
L’intera operazione, al di là, delle singole imputazioni, ruota sul “concorso”. Secondo la Procura, chiunque si trovasse in una delle zone dove sono avvenuti scontri – alla centrale, sul piazzale della Maddalena o alle vasche – è responsabile di quanto è accaduto, perché la sua stessa presenza in quei luoghi dimostrerebbe l’intenzione di commettere reati.
Una sorta di concorso morale collettivo.
Il 6 luglio alla sbarra va quindi un intero movimento.
Ne abbiamo parlato con Claudio Novaro, che difende numerosi No Tav.
Martedì 3 luglio al campeggio di Chiomonte si svolgerà un’assemblea cui, oltre Novaro, parteciperà l’avvocato Losco, che difende alcuni No Tav milanesi.
Qualche centinaio di No Tav ha fatto la propria passeggiata lungo il sentiero No Tav che corre parallelo alla strada dell’Avanà occupata e chiusa da reti e cancelli sin dal 27 giugno dello scorso anno, quando venne sgomberata con la forza la Libera Repubblica della Maddalena.
In Clarea i No Tav hanno circondato le reti e ne hanno tagliato qualche metro, facendo sentire la propria rumorosa presenza. La polizia ha usato idranti e lacrimogeni.
Dopo due ore sullo stesso sentiero solcato in quest’anno da migliaia di passi, i No Tav sono tornati alla Centrale, dove un centinaio di persone batteva il guardrail e il cancello. In tanti irridevano i poliziotti dietro alla rete in alto sulla strada, che scrutavano preoccupati il bosco, nonostante gli scudi, i caschi, l’illuminazione da carcere speciale.
Ascolta il resoconto e il bilancio di Lorenzo
Sabato 30 giugno il movimento antifascista di Parma sfilerà per le vie del quartiere Montanara e della città, per chiedere la chiusura della sede fascista di Casapound.
Il concentramento del corteo è alle ore 17 al parco Montermini in via Ognibene.
Si tratta di un’ulteriore tappa di una battaglia che nasce nel 2008 – da parte del comitato di abitanti del quartiere – e accolta dall’intero movimento antifascista.
Casa Pound si è distinta per aver detto che i partigiani sono “vecchi bastardi” e, di recente per l’aggressione – con lame a bastoni – ad un gruppo di antifascisti riuniti al circolo Minerva il 12 maggio.
Scrive il Comitato Antifascista di Montanara nell’appello per la manifestazione:
“Dietro ai “liberi pensieri” e ad un ribellismo solo sbandierato, c’è solo classismo, revisionismo e razzismo. I “fascisti del Terzo Millennio” cercano di rendersi accattivanti attraverso la patina dell’associazionismo, ma in realtà sdoganano, “ammodernandole”, le idee del ventennio fascista, tentando di assicurarsi un posticino ai “piani alti”. E laddove trovano ostacoli nella loro propaganda, passano alle azioni più drastiche: accoltellamenti, spedizioni punitive e aggressioni.
La manovalanza e la violenza di Casapound e dei gruppi nazifascisti devono essere inquadrate nel contesto “storico” di questo Paese nel quale gli squadristi, dal primo dopo guerra ad oggi, hanno sempre operato: l’instaurazione di un clima di paura e terrore che serva ai loro finanziatori e referenti politici più alti in grado per poter mantenere lo status quo. Fascismo, infatti, non è solo nel rigurgito dei gruppetti di estrema destra, ma è nelle politiche che loro stessi appoggiano: nei provvedimenti razzisti, nei lager per immigrati, nelle carceri, negli istituti bancari, negli attacchi padronali ai lavoratori.
Il movimento di base ha preso in carico la battaglia antifascista, ben sapendo che le istituzioni, così come le forze dell’ordine, poco hanno fatto e dichiarano di poter fare, nonostante la nostra Costituzione sia antifascista. Come già accaduto nella nostra storia, i fascismi si possono e si devono sconfiggere. Per questo chiamiamo a raccolta la cittadinanza a manifestare contro il fascismo, perché la presenza di Casapound è incompatibile con Parma, città antifascista.”
Ascolta l’intervento di Massimiliano, un compagno di Parma
La riforma del mercato del lavoro del governo Monti è stata definitivamente approvata dal parlamento ieri 27 maggio 2012. La norma più colpita è l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (l. 300/70) che prevedeva la reintegra del lavoratore illegittimamente licenziato nelle aziende che impiegano più di 15 lavoratori. Da oggi ciò non accadrà sempre, ma solo in alcuni casi: licenziamenti discriminatori o effettuati a causa della maternità o del matrimonio; licenziamenti disciplinari insussistenti o sproporzionati (ma in questo caso non spetteranno tutte le mensilità dal licenziamento fino all’effettiva reintegra: il tetto è di 12 mensilità). In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo (gmo), cioè dettato da motivi economici o comunque legati all’organizzazione del lavoro e della produzione, la reintegra potrà (e non necessariamente dovrà) essere applicata dal giudice cui è data totale discrezionalità al riguardo (anche qui con un limite del risarcimento a 12 mensilità) in caso di accertata “manifesta insussistenza” del motivo economico; negli altri casi spetterà un risarcimento da 12 a 24 mensilità. In ogni caso dal risarcimento andrà dedotto non solo quanto percepito dal lavoratore attraverso un altro lavoro dopo il licenziamento, ma anche “quanto avrebbe dovuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione”: è evidente il moralismo che sta dietro un inciso del genere. Prima però di licenziare per gmo dovrà essere stata esperita una procedura conciliativa avanti alla Direzione Provinciale del lavoro al fine di monetizzare il licenziamento: il verbale di questo tentativo di conciliazione finiranno nel fascicolo dell’eventuale causa ed il giudice dovrà tener conto anche del rifiuto di proposte conciliative in quella sede nella determinazione dell’eventuale indennità risarcitoria. Altra spia del moralismo sotteso a tutta la modifica del mercato del lavoro: bisogna essere flessibili, in entrata ed in uscita, sbattersi sul lavoro (se c’è) e sbattersi a cercar lavoro (quando non c’è). Insomma: tutta la vita al lavoro.
Ne abbiamo parlato con Simone Bisacca, avvocato del lavoro.
Da una settimana i lavoratori di un’azienda agricola nelle campagne tra Tortona e Castelnuovo Scrivia (provincia di Alessandria), in massima parte marocchini, hanno istituito un presidio permanente lungo la strada statale poichè da mesi non vengono pagati. La ditta per la quale lavoravano è stata chiusa dai carabinieri dopo che emerso che molti di questi lavoratori erano in nero. La solidarietà da parte degli abitanti del luogo va pian piano crescendo: questa mattina al mercato di Castelnuovo è in corso una raccolta fondi per permettere a questi lavoratori di proseguire la loro lotta. La maggior parte di essi è senza documenti, c’è la possibilità che grazie a questa mobilitazione ricevano un permesso di soggiorno legato al fatto di avere denunciato la propria condizione di schiavitù.
Tre potenti bombe carta di cui una inesplosa contro l’ex liceo Socrate di via Fanelli, ora adibito a presidio per l’emergenza abitativa dei migranti. Uno degli ordigni ha anche ferito gravemente al viso un ragazzo sudanese ospite della struttura. È questa la denuncia del collettivo di supporto alla causa, preoccupato per l’attentato a loro dire […]