Autore: info
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La crisi dell’euro, le convulsioni all’interno dell’Unione Europea, le pressioni degli organismi di governance mondiale, vanno compresi e smontati pezzo a pezzo per cogliere l’intima trama di vicende narrate dai media come una sorta di telenovela a puntate tutte uguali.
Quello che stiamo attraversando è un vero salto di paradigma, che – nei fatti- ha già mutato il volto del capitalismo e sta ridefinendo il ruolo degli stati nazionali.
Viviamo un passaggio di epoca in tempo reale, questa condizione viene solitamente chiamata globalizzazione: il suo dio è la moneta, il suo rito è la legge di mercato, i suoi sacerdoti sono le élite statuali, i suoi guardiani sono gli eserciti e le polizie in ogni dove, i suoi strateghi sono gli operatori bancari e della teocrazia finanziaria, i suoi sudditi sono i cosiddetti popoli sovrani, i suoi cantori sono gli intellettuali (giornalisti inclusi) decerebrati senza spina dorsale, le sue favole sono i regimi di democrazia rappresentativa, la sua ideologia egemonica è la comunicazione virtuale.
L’accelerazione verso una progressiva e potente spinta alla delocalizzazione di qualsiasi asse produttivo e riproduttivo – dall’alimentazione ai farmaci, dalla forza-lavoro al sapere diffuso, dall’economia reale della produzione e della distribuzione al consumo di massa e parcellizzato al tempo stesso – ha spiazzato un assetto della politica che per secoli si è articolato sull’istanza nazionale. Il che non implica un’automatica cessazione di funzione dello stato, uno Stato che ridimensionando gli ammortizzatori sociali si ritrova oggi snello e in forma per rafforzare ulteriormente le sue funzioni vitali: quelle di ordine pubblico, attraverso il duplice ricatto della fabbricazione del nemico interno e del nemico esterno.
I meccanismi della globalizzazione obbligano lo stato nazionale a dismettere parte della propria sovranità politica ed economica che viene sussunta su scala sovranazionale attraverso dispositivi di governance (Fmi, Bce, Nato, etc).
Lo spazio della politica si riduce drasticamente, a favore della gestione, dell’amministrazione, della governance si restringe sino a richiedere l’esautorazione delle stesse forme della democrazia parlamentare: i luoghi collettivi scompaiono a vantaggio di organi monocratici della decisione politica. L’autoritarismo leaderista e individualista si afferma nelle sfere più disparate, incentivato tanto da procedure elettorali segnate dal marketing politico, quanto da spostamenti significativi della deliberazione politica vera e propria in capo a singoli individui e non più ad assisi parlamentari.
Parlare pertanto di crisi in questi tempi è riduttivo, giacché l’ossatura del dominio sta conoscendo una immensa ridislocazione a livello globale, con la ridefinizione di egemonie planetarie, che hanno segnato gli ultimi due secoli. Emergono nuove potenze globali che cercano di scalzare dal trono quelle vecchie.
L’assedio all’Europa dell’euro e, più in generale, all’Occidente da parte della teocrazia finanziaria che usa il declassamento delle aziende-stati e lo spread-totemico per imporre il terrore di un dio senza misericordia, delineano una guerra guerreggiata sia a colpi di missili telecomandati da satelliti geostazionari, sia a colpi di brokeraggio borsistico.
L’Italia è stretta in questo fuoco, scivolando lentamente ma forse inesorabilmente verso una condizione di impoverimento, tra crescenti convulsioni.
Qualsiasi governo non può che tentare di governare una obiettiva riduzione di sovranità, per cercare di mantenere il proprio ruolo. Non potrebbe comunque fare altrimenti perché la gerarchia globale è l’orizzonte necessario alla propria sopravvivenza come elite di governo. Dall’altro, coloro che subiscono gli effetti della convulsione, che si traducono letteralmente in politiche omicide, si ritrovano affamati e privati di risorse: dalla precarietà esistenziale come forma-di-vita stabile e permanente all’erosione di redditi, dalla devastazione ambientale al parossismo consumistico in materia energetica, dal controllo tecnologico di ogni aspetto della vita pubblica e privata alla mercificazione e umiliazione di uomini e, soprattutto, donne, dalla macro-violenza proveniente dall’alto delle istituzioni alla micro-violenza mimata che si scatena irrefrenabile.
Ne abbiamo discusso con Salvo Vaccaro, docente di filosofia politica all’Università di Palermo.
L’EXPO è il grande affare del decennio. Come dimenticare l’ira dell’allora sindaco di Torino, Chiamparino, quando il governo Berlusconi scelse l’azzurra Milano?
Nel gioco delle poltrone Milano è passata al centro sinistra e Pisapia ha appena annunciato le dimissioni da commissario straordinario per l’EXPO. O, Forse, no.
In ballo c’è una montagna di soldi, i soldi per le infinite – spesso inutili e dannose – infrastrutture, messe in piedi con il pretesto di questo enorme scatolone vuoto. Si va dalla tangenziale est alla Brebemi, dalla pulizia etnica di certe zone. Così l’EXPO diviene l’ennesima operazione paradigmatica di come si possano spendere montagne di soldi pubblici per fini privatissimi.
Pisapia fa il braccio di ferro con il governo perché vorrebbe sforare i conti, Monti ha risposto picche.
Abbiamo provato a capirne di più, parlandone con Abo, un compagno di “Pianoterra” di Milano, che segue con attenzione le vicende della kermesse milionaria.
Ieri i lavoratori di Basiano (provincia di Milano), hanno vissuto una giornata campale della loro lotta di fronte ai cancelli della Logistica del Gigante. Da tre giorni gli scioperanti si erano costituiti in presidio e picchettavano ai cancelli contro i licenziamenti decisi dalla cooperativa Alma che ha perso l’appalto e ha quindi deciso di licenziare […]
Ieri presso la libreria Feltrinelli s’è tenuta la presentazione di un libro interessante. Un’inchiesta giornalistica, eseguita con metodo originale, che cerca di far luce su quale sia la natura dei poteri forti che comandano nella nostra città. Il quadro che ne emerge è piuttosto interessante. Un singolare intreccio di cementificatori e immobiliaristi di professione, banche, […]
Arriva al terzo grado il processo sui fatti di Genova 2001. Sappiamo che i protagonisti istituzionali di quei giorni sono stati in larga misura premiati con avanzamenti di carriera, ultimo De Gennaro che si è beccato il sottosegretariato alla presidenza del Consiglio con delega all’Intelligence, mentre dieci manifestanti, il 13 luglio, rischiano di diventare il […]
Con una procedura d’urgenza parte ai primi di luglio il processo contro i 46 attivisti No Tav colpiti il 26 gennaio scorso da diversi provvedimenti restrittivitra cui ben 25 misure cautelari in carcere; inizio luglio per l’udienza preliminare.Per evitare la scadenza dei termini per la custodia cautelare il tribunale ha dunque fissato l’udienza preliminare per […]
Con il Disegno di Legge presentato dall’on. Ciccioli per modificare la legge 180, e approvato in commissione sanità alla Camera, sono previsti trattamenti sanitari (psichiatrici) “necessari” TSN, prolungati e attuati contro la volontà del cittadino in apposite strutture. Se verrà tradotto in legge riapre la buia stagione dei manicomi. I manicomi sono stati aboliti, proprio […]
Per la giustizia dei tribunali italiani Marcello Lonzi è stato stroncato da un infarto, rinchiuso nella sua cella del carcere delle Sughere l’11 luglio 2003. Un infarto che spezza otto costole e procura due buchi nel cranio, tranquillamente archiviabile come morte naturale. Maria Ciuffi non ha mai smesso di lottare, sia cercando che nei tribunali […]
Tra gli operatori sociali si diffondono le buone pratiche, dopo lo sciopero di sole poche settimane fa degli operatori sociali non dormienti di Torino supportato dalla CUB oggi a Napoli si bissa con gli operatori sociali di Napoli e i COBAS del capoluogo campano. Ascolta la diretta dal concentramento della manifestazione con Piero del collettivo […]
Prendendo spunto dall’articolo uscito pochi giorni fa su uninomade.org “Oltre il giardino – L’esperienza di Macao e il lavoro creativo” a firma Cristina Morini, alcune valutazioni sulla capacità di eccedere alla propria dimensione di “artisti” del progetto M^C^O e della nouvelle vague delle occupazioni dei lavoratori creativi. Ne abbiamo parlato con Cristina Morini compagna e […]
Gli abitanti di Riano Flaminio si oppongono fermamente alla costruzione nel loro territorio di una nuova mega discarica per i rifiuti di Roma.
A Quadro Alto, da quattro mesi c’è un presidio permanente contro la discarica. Un presidio simile a quelli della Val Susa con sala per le assemblee, giochi per i bimbi, cibo conviso, convivialità e persino le aiuole fiorite.
La notizia più temuta è arrivata il 4 giugno. Il neo nominato prefetto Sottile ha deciso di utilizzare il sito di Pian dell’Olmo come discarica “temporanea” per la città di Roma.
Gli abitanti di Riano e i solidali della zona sono scesi in strada, occupando sin da lunedì la Tiberina, ma continuando a presidiare le entrate di Pian dell’Olmo e di Quadro Alto.
Il primo giorno, oltre alla polizia si sono presentati una trentina di fascisti di Casa Pound, ma, nonostante la casacca ecologista, sono stati con fermezza invitati a stare lontani dal presidio.
Nonostante gli studi del CNR sull’impatto ambientale abbiano evidenziato che Pian dell’Olmo e Quadro Alto sono del tutto inadatti per una discarica, perché il terreno – siamo in una zona di cave di tufo – è poroso e la zona facilmente alluvionabile.
Poco importa a chi – senza aver neppure tentato l’avvio di un ciclo virtuoso dei rifiuti – si accinge a fare l’ennesimo affare sulla pelle dei cittadini. In ballo c’è la privatizzazione dell’AMA, sullo sfondo dello scontro di interessi tra PD e PDL.
In mezzo, tra l’ennesimo business devastante e i politici che si spartiscono la torta, c’è la gente di Riano, decisa a resistere all’imposizione violenta di scelte fatte sulla loro pelle.
Ne abbiamo parlato con Marco, un compagno del presidio di Quadro Alto.
In Emilia, tutti i capannoni industriali delle zone terremotate, sono stati dichiarati inagibili. Si tratta di prefabbricati, molti dei quali non hanno retto alle scosse uccidendo chi ci lavorava. Una strage evitabile, ma la fame di profitto, costi quel che costi a chi lavora, è senza freni. Ha fatto scalpore la notizia dell’imprenditore carpigiano che ha fatto firmare ai propri dipendenti una moratoria che lo libera da ogni responsabilità in caso di nuove scosse. Della serie: o rischi la vita o resti senza lavoro.
In tutta la bassa il ricatto occupazionale è forte. Molti imprenditori potrebbero decidere di delocalizzare, specie le produzioni delle industrie nano tecnologiche, che sono legate a grossi gruppi multinazionali, che certo non hanno alcun problema a spostare altrove il loro business.
Nelle tendopoli lentamente si allarga il controllo della protezione civile, che le trasforma in campi militarizzati, con check in ossessivi agli ingressi, coprifuoco notturno, strutture a panopticon.
Particolarmente grave è la situazione a Rolo, nella tendopoli sono ospitati soprattutto immigrati, dove l’unico compito che la protezione civile ha assolto con straordinaria diligenza è la caccia ai lavoratori senza documenti. In compenso al momento della visita dei compagni alla tendopoli, per 200 persone c’era un solo gabinetto.
Diversamente dall’Aquila la zona terremotata è molto ampia e la protezione civile non riesce a stringere nella propria morsa tutta la popolazione. In molti paesi resistono le tendopoli autogestite nei parchi cittadini o i piccoli insediamenti di tende nei giardini delle case.
In queste zone si sta costruendo una rete di aiuti autogestiti, guardata con molta simpatia dalla gente, che dichiara aperta diffidenza verso la protezione civile.
Ne abbiamo parlato con un compagno, Simone, impegnato nella solidarietà dal basso