lavoro
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Mercoledì 14 marzo. Incontro tra il ministro del welfare Fornero e CGIL, CISL; UIL e UGL su ammortizzatori sociali e articolo 18.
Il giorno precedente Fornero – a margine di un convegno alla Farnesina – aveva dichiarato che, senza l’accordo preventivo dei sindacati, non era disponibile a mettere sul tavolo una “paccata di miliardi” per gli ammortizzatori sociali. Una sorta di ultimatum ai sindacati.
Il 14 marzo invece Fornero garantisce che i soldi per gli ammortizzatori ci sono e che non verranno prelevati dalla previdenza.
Nei fatti l’intera trattativa verte su un sussidio da fame (tolto a pensioni, cassa integrazione e mobilità) e su licenziamenti più facili, giustificati per motivi “economici” e “disciplinari”.
Niente “paccata di miliardi”, solo tanto fumo per non far vedere che l’arrosto se l’è già mangiato qualcun altro. Mettere l’accento solo sull’articolo 18 rischia di nascondere la decisiva partita sugli ammortizzatori sociali.
Se il compromesso su questo tema fosse dignitoso – anche se al ribasso – Camusso potrebbe alzarsi dal tavolo delle trattative indossando la sua brava foglia di fico.
La “flessibilità in uscita”, l’equivalente in neolingua della “libertà di licenziare”, non è la sola richiesta di Governo e Confindustria. Anche la “flessibilità in entrata” diventa elemento di trattativa, dove la maggiore liberalizzazione delle assunzioni viene mascherata con la riduzione delle tipologie contrattuali precarie. Di fatto siamo di fronte alla definitiva precarizzazione del lavoro in entrata: tutti uguali, tutti apprendisti. Magari a vita.
La riforma degli ammortizzatori sociali mira a dare altro nome a cassa integrazione e indennità di disoccupazione, ma i soldi per fare questa operazione saranno meno di quelli che servono con le norme attuali.
I lavoratori, soprattutto su quelli di aziende che chiudono o che si ristrutturano, sopportano e sopporteranno sempre più il peso ed i costi della crisi, mentre si regalano soldi alle aziende e si prestano soldi alle banche con interessi risibili. Così le stesse banche possono investire sul debito pubblico e ricavarne guadagni enormi.
Ne abbiamo parlato con Stefano Capello della CUB:
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Secondo l’OCSE è aumentato il divario tra i più ricchi e i più poveri: in pochi anni siamo passati da 1 a 8 a 1 a 10 di differenziale.
Il governo ha deciso la mano dura con gli autotrasportatori, intimando alle Prefetture di usare il pugno di ferro con chi protesta e blocca.
Nel frattempo il governo Monti ha aperto la partita sul lavoro, puntando a regolare i conti con quel che resta di tutele e garanzie per i salariati: in ballo l’articolo 18 e la cassa integrazione guadagni.
Ne abbiamo parlato con Cosimo Scarinzi della CUB, che ha sottolineato la gravità dell’intero pacchetto di misure promosso dal governo dei tecnocrati: dalle pensioni alle liberalizzazioni, che, nel settore del commercio hanno colpito una categoria già schiacciata da un contratto che incatena i lavoratori alle esigenze aziendali senza alcun significativo compenso sul piano salariale.
La stessa protesta degli autotrasportatori va compresa ripercorrendo le trasformazioni profonde del capitalismo italiano, che ha puntato sulle esternalizzazioni, facendo crescere il numero di lavoratori, formalmente autonomi, in realtà dipendenti senza garanzie, obbligati ad assumersi tutti i rischi.
L’incendio di due giorni fa ad una fabbrica per il riciclo della carta ad Andezeno in provincia di Torino poteva essere una nuova Thyssen: quattro operai sono rimasti feriti. Due di essi hanno riportato lesioni gravi. Lesioni colpose e omissioni di cautele infortunistiche sono i due reati ipotizzati dal pm Guariniello, che questa mattina ha disposto […]
Da ieri il “modello Pomigliano” è stato esteso a tutti i lavoratori Fiat: dal primo gennaio l’azienda sarà libera di imporre straordinari, di non pagare i primi due giorni di malattia se più del 3,5% dei lavoratori è assente. Non prendetevi l’influenza assieme agli altri, perché l’azienda non paga. In base all’accordo sarà vietato scioperare contro l’accordo stesso e chi non l’ha firmato è escluso dal diritto alla rappresentanza sindacale.
Ne abbiamo parlato con Stefano Capello della CUB